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Il Ddl Zan? Affondato dall'ottusità del Pd. La versione di Scalfarotto

Il deputato del Terzo Polo Ivan Scalfarotto nella sua autobiografia rivela come fu il massimalismo del Pd a far naufragare il Ddl Zan

Il Ddl Zan? Affondato dall'ottusità del Pd. La versione di Scalfarotto

L'autobiografia politica dell'ex sottosegretario agli Esteri e deputato di Italia Viva Ivan Scalfarotto è un libro che fa rumore. La versione di Ivan - Storia di un resistente negli anni del populismo non si riferisce unicamente alla fase dell'opposizione dell'allora deputato del Partito Democratico al governo gialloverde, ma anche a quella che Scalfarotto denuncia essere una torsione populista dello stesso Pd. Un populismo - nota l'onorevole uscito con Matteo Renzi dal partito nel 2019 - mostratosi in tutta la sua forza durante le discussioni sul Ddl Zan sull'omotransfobia. In cui il combinato disposto tra la volontà del Pd di correre dietro agli umori dei suoi sostenitori esterni nella società civile e una certa arroganza politica hanno affossato un disegno di legge costruito, per Scalfarotto, senza alcuna volontà di aprire a modifiche.

Scalfarotto, omosessuale dichiarato, arriva a riconoscere che la scelta della mediazione sul testo proposta dal presidente leghista della Commissione Giustizia del Senato, Andrea Ostellari, apriva alla possibilità di portare a casa la legge. "Ostellari aveva presentato i suoi emendamenti al testo Zan con i quali si limitava a eliminare tout court la solita formula dell'identità di genere" tanto discussa in materia di lotta alle discriminazioni. Per Scalfarotto una proposta subottimale ma non "politicamente irrilevante", perché aprivano alla prima accettazione formale della Lega alla legge Mancino, modificata dal Ddl Zan per includervi i reati di genere e su cui il Carroccio era arrivato a proporre l'abolizione totale. La Lega, nota Scalfarotto, "presentava per iscritto una proposta per allargare la legge antidiscriminazioni a gay, lesbiche, bisex, persone con disabilità" e in quest'ottica chiudere la porta a una proposta del genere "era secondo me una sciocchezza sesquipedale".

La versione di Ivan

Dopo che Enrico Letta, a parole, aveva aperto a modifiche parlando dalla tribuna per eccellenza del centrosinistra, Che tempo che fa di Fabio Fazio, Scalfarotto e Italia Viva provarono ad affrontare la questione con Maria Elena Boschi e Davide Faraone, capigruppo alla Camera e al Senato, che trattarono con lo stesso Zan alla vigilia del noto voto sulla "tagliola" del 27 ottobre 2021 con cui il centrodestra e i franchi tiratori del centrosinistra imposero lo stop all'esame degli articoli, deragliando di fatto la legge.

Cosa scatenò questo putiferio? Il fatto, secondo Scalfarotto, che Zan si fosse presentato assieme alla capogruppo Simona Malpezzi di fronte a Boschi e Faraone sprovvisto, a suo dire, "di ogni mandato a trattare sujl merito del testo di legge fintanto che la Lega non avesse preliminarmente ritirato la questione sospensiva" del testo. Non capendo che "la politica è trattativa", il Pd aveva ceduto al populismo dei Vip che spingevano per un'accelerazione sull'approvazione della legge comprensiva degli articoli sull'identità di genere (i più controversi), su cui anche il Vaticano aveva adombrato possibili violazioni del Concordato tra Stato e Chiesa cattolica. Più della base politica poterono Fedez, Luciana Litizzetto, Alessandro Gassman e il partito di Propaganda Live: sì al Ddl Zan subito. Tirare dritto, senza compromessi. Questo ha spinto i pontieri Pd a sconfessare la pur timida apertura di Letta e a arrivare a "chiedere all'avversario politico di rinunciare preventivamente, gratuitamente e unilateralmente alla carta vincente che aveva nella manica", imponendo alla Sinistra la scelta tra una legge modificata a favore del centroestra o nessuna legge.

Aveva vinto la linea populista di Monica Cirinnà, quella del "meglio andare sotto" che modificare la legge. Agendo per insipienza e dilettantismo, il Pd si era danneggiato con le sue mani assieme al Movimento Cinque Stelle. Scalfarotto fa nel saggio mea culpa perché, da esponente del gruppo di Italia Viva alla Camera, non avendo contezza del problema dei voti al Senato non avesse appoggiato in pubblico le uscite di Faraone sulla necessità di mediare con il resto della maggioranza del governo Draghi la legge. L'alternativa, ragiona Scalfarotto nel libro, è stata chiara: avere una parte di Parlamento trascinato dai Ferragnez su posizioni radicali portò a "rinunciare a migliorare la realtà per perseguire la popolarità". Secondo Scalfarotto, il Pd confuse "la politica con la militanza". A suo dire ogni tipo di associazione per i diritti e i gruppi della società civile hanno diritto e dovere di "chiedere tutto e subito", di perseguire il massimalismo, ma quando è la politica a mettere i comizi al posto delle trattative e la caccia ai "Mi piace" sui social davanti a quella dei voti nelle Camere, "significa che ti sei consegnato al populismo".

In una forma delle più dannose, perché promossa con la supponenza di essere, sempre e comunque, dalla parte giusta della storia.

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