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Dell'Utri latitante: «All'estero per cure»

Dell'Utri latitante: «All'estero per cure»

RomaFrancia, Libano, Guinea Bissau, Repubblica Domenicana. A tre giorni dalla definitiva sentenza della Cassazione - che il 15 dovrà pronunciarsi sulla condanna a sette anni per il controverso reato di concorso esterno in associazione mafiosa - l'ex senatore Marcello Dell'Utri è irreperibile.
È latitante, secondo la procura generale di Palermo, che aveva già chiesto per due volte il divieto di espatrio per Dell'Utri, senza riuscirci, e la sera del 7 aprile scorso aveva ottenuto dalla Corte d'Appello di Palermo un ordine di custodia cautelare per l'ex parlamentare. Il giorno dopo la polizia è andata a cercarlo nei suoi domicili italiani per notificargli l'ordinanza, motivata dai giudici con il pericolo di fuga. Ma invano.
E così, ieri mattina, si è scatenato il risiko sulle possibili mete dell'ex senatore. Dov'è andato Dell'Utri? Rifugiato nella sua lussuosa villa del complesso residenziale «Casa de Campo», a La Romana, in Repubblica Domenicana, che l'aveva già ospitato nei giorni del verdetto della Cassazione, nel 2012. Oppure ospite di un importante politico in Libano, dove il suo cellulare sarebbe stato individuato, vicino Beirut, all'inizio di aprile dalla Dia. O, ancora, da qualche parte in Guinea Bissau, basandosi su un'intercettazione del fratello Alberto che, cinque mesi fa, raccontava al telefono a un ristoratore romano che il Paese dell'Africa Occidentale «concede i passaporti diplomatici molto facilmente», e che «bisogna accelerare i tempi». Ma c'è anche un'ipotesi meno esotica dei Caraibi, del Vicino Oriente e dell'Africa: la Francia. Qui, secondo il suo avvocato, Dell'Utri sarebbe andato negli ultimi tempi a curarsi. Una lotteria di ipotesi, una specie di «giro del mondo» in pochi giorni che farebbe invidia a Verne.
Mentre la procura generale di Palermo chiede a via Arenula di sguinzagliare l'Interpol per localizzarlo, la sparizione di Dell'Utri inguaia Angelino Alfano. I parlamentari pentastellati e Sel chiedono la testa del titolare del Viminale, ritenuto responsabile della «fuga annunciata», e a difendere il ministro dell'Interno accorrono il capogruppo Ncd alla Camera Nunzia De Girolamo e il senatore Ncd e vicepresidente del Copasir, Giuseppe Esposito. Ma anche nel Pd c'è chi chiede conto al Viminale: «Alfano chiarisca in Aula la vicenda Dell'Utri», ammoniscono Pippo Civati, Davide Mattiello e Luca Pastorino. Nel frattempo, alla ridda di ipotesi sulla localizzazione seguono altre smentite e altre voci: l'ex manager di Publitalia avrebbe uno, addirittura due passaporti diplomatici, salvo smentita della Farnesina; un passeggero l'avrebbe invece visto a bordo di un volo Parigi-Beirut a fine marzo, seduto in business class, eppure una fonte assicura all'Ansa che alle frontiere aeree o di terra, in Libano, Dell'Utri non l'avrebbero visto passare.
Alla fine, nel primo pomeriggio, parla anche lui, negando con forza l'etichetta di «latitante», e confermando di aver lasciato i patrii confini, sì, ma solo per motivi di salute. «Apprendo dell'aberrante richiesta di preventiva custodia cautelare mentre mi trovo già all'estero per cura e riposo», spiega Dell'Utri: «Non intendo sottrarmi - prosegue - al risultato processuale della prossima sentenza della Cassazione (...) trovandomi in condizioni di salute precaria - per cui tra ho subito qualche settimana fa un intervento di angioplastica - sto effettuando ulteriori esami e controlli». Niente «fuga» dal processo, insomma.

Dell'Utri resta in «attesa fiduciosa del risultato che esprimerà la Massima Corte».

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