Cronache

Con le denunce anonime non si salvano le donne

Le misure antiviolenza volute dal ministro Cancellieri hanno grossi limiti. Primo tra tutti far intervenire le forze dell'ordine su segnalazioni senza nome

Manifestazione contro la violenza sulle donne
Manifestazione contro la violenza sulle donne

Non mi sembra proprio che questo decreto, annunciato, sulle misure antiviolenza costituisca un passo avanti nella lotta e nella prevenzione del fenomeno. Anzi. Se, durante la discussione della convenzione di Istanbul, ci fosse stato qualcuno ad ascoltare in aula la relazione dell'onorevole Carfagna, forse il decreto prodotto dal ministro Cancellieri sarebbe oggi più adeguato alle indiscutibili e conosciutissime necessità.

È vero che, finalmente, nella scrittura del decreto si distinguono le varie forme di violenza, non rimanendo perciò più ancorati all'idea che sia solo fisica. Infatti, si precisa che la violenza può essere fisica, ma anche psicologica, sessuale ed economica. È evidente del resto, che si viola l'integrità di una persona non solo quando la si fa oggetto di percosse, spintonamenti, pugni, abrasioni e ferite in genere, ma pure quando la sopraffazione si manifesta con intimidazioni, umiliazioni e persecuzioni quotidiane. E, altresì, quando si impedisce alla vittima di lavorare, studiare, disporre di denaro per la quotidianità. Per non parlare dei comportamenti vessatori di mobbing o persecutori di stalking.

La violenza, specie se domestica, non conosce differenze culturali o sociali; vittime e aggressori appartengono a tutte le classi. La famiglia, in questi casi, non è più il luogo dell'affettuosa e responsabile protezione, ma diviene sovente una pericolosa prigione di omertà. Perché le donne, le vittime più numerose, hanno paura, si vergognano, non sanno cosa fare, diventano dipendenti dal loro carnefice. Dunque, non basta chiamare il 112 o il numero nazionale 1522; non è sufficiente il lento ordine di allontanamento o la denuncia penale (quando si ha il coraggio di invocarli); la risposta ideale non è neppure la separazione con richiesta di addebito al violento, perché lui rimane privo di sanzioni, se non morali. Quando sappiamo che il violento non sa cosa sia la morale.

Allora il decreto si propone ora di dare più poteri alle forze dell'ordine, che possono intervenire anche senza una specifica denuncia della vittima, ma semplicemente su segnalazione di un terzo, al quale viene garantito l'anonimato.

Eh no, cara ministro, così non va. Per reprimere la violenza ed evitare tragedie, tutti si devono assumere la responsabilità, in un mondo minimamente civile. Ci manca solo l'anonimo che intasa il 112 con ipotesi di violenze di vicinato o di parentado, non sorrette neppure dal coraggio di testimoniarle. Se si vuole difendere una vittima, almeno, ci vuole la forza e l'onore di metterci la faccia.

Quanto alla soluzione di fare intervenire il questore per «l'ammonimento» al cattivo violento, come già avviene nei casi di stalking, quale effetto può mai avere in lui la punizione di vedersi sospesa la patente di guida per tre mesi? Se il violento è ricco, assume un autista, se non lo è chiede passaggi in auto ai suoi simili sodali. Oppure guida senza patente, da autentico violento.

Altro errore del decreto proposto è prevedere che l'atto di violenza fisica, sessuale, psicologica o economica non debba essere episodico. Così stabilendo, il ministro si pone addirittura contro il solido orientamento della Cassazione, la quale ritiene che anche un solo gesto di violenza (e se fosse uno stupro?) «costituisce affermazione della supremazia di una persona su un'altra persona e disconoscimento della pari dignità di ogni persona... ».

Il ministro della giustizia Cancellieri, ha dunque perso un'importante occasione per obbligare interventi immediati e tempestivi (entro tre giorni) non solo delle forze dell'ordine, ma soprattutto di pm e giudici civili e penali; rendere responsabili di gravi omissioni d'ufficio i pubblici ufficiali che non reagiscono e non tutelano la vittima; punire ogni gesto di violenza con il sequestro di beni e stipendio del carnefice; prevedere multe stratosferiche per ogni gesto violento, da raddoppiarsi però a carico di chi denuncia il falso; dare poteri di monitoraggio, di verifica e di aiuto ai consultori familiari, opportunamente istruiti, che attualmente ci costano un sacco di soldi pubblici, per occuparsi quasi esclusivamente di aborti; disporre nelle scuole l'obbligatorietà di corsi di educazione civica e informazioni su diritti e doveri; creare sportelli di ascolto all'interno degli istituti scolastici, perché i bambini possano raccontare silenziosamente i loro disagi familiari; incentivare e finanziare le case di accoglienza.

In conclusione, la donna Cancellieri, prima ancora che il ministro, si soffermi solo per cinque minuti a pensare con solidarietà alla tragedia personale di chi è vittima anche di un solo episodio di violenza: alla sua paura del carnefice che incombe, all'urgenza di fuggire da lui, al terrore per i figli, alla confusione vitale, al bisogno di aiuto, pace e giustizia. Subito dopo si chieda se i provvedimenti, pensati e raggruppati nel decreto annunciato siano o no una risolutiva risposta di tutela. Ha tempo fino a martedì.

Grazie, signora Anna Maria Cancellieri.

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