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«Direttore delle Poste e pusher» Al Senato scatta l'arresto choc

«Direttore delle Poste e pusher» Al Senato scatta l'arresto choc

RomaBraccio destro di un pusher. Spacciatore. Invischiato nel giro più sporco della Capitale, il traffico di droga nei quartieri a sud della metropoli, alle dipendenze di un boss albanese. I colleghi dell'ufficio postale all'interno del Senato ieri pomeriggio hanno visto un'altra faccia del loro direttore, Orlando Ranaldi. Accuse talmente assurde che «sembrano impossibili». È stato arrestato, ai domiciliari, per spaccio di cocaina, il capo di uno degli uffici più ambiti delle Poste nazionali, allestito tra moquette impeccabili e stampe di Garibaldi e dell'Italia Unita, nel cuore vellutato di palazzo Madama. Ecco un altro scandalo che travolge la politica, una storia apparente di coca e doppie vite, anche se in Senato precisano tutti: «Non era un dipendente nostro, rivolgetevi alle Poste». Ma nei corridoi del Palazzo ormai anche una moneta che cade provoca l'eco di una bomba, figurarsi un presunto pusher che da più di tre anni occupava l'ufficio proprio accanto all'ispettorato di pubblica sicurezza senatoriale. «No, non ci credo - racconta un collega - una persona così perbene, una bella famiglia, i figli all'università. È stato un colpo al cuore. Meno male che il mio è forte». Sembrava amato, il capo, e nessuno ci crede, anche se l'indagine parla chiaro: Ranaldi avrebbe partecipato anche ad alcune riunioni operative con il boss e la banda italoalbanese, e per spacciare avrebbe utilizzato l'auto di servizio delle Poste.
I senatori reagiscono allibiti, i sentimenti vanno dalla costernazione, dalla «grande amarezza» del presidente del Senato, Renato Schifani, che assicura «la massima disponibilità a collaborare con gli inquirenti», al sospetto di Roberto Calderoli: per mettere a tacere ogni illazione, Schifani dovrebbe «consentire il pieno accesso agli operatori di polizia giudiziaria, al fine di poter accertare l'assoluto non coinvolgimento dell'istituzione».
Ranaldi non è l'unico insospettabile coinvolto nell'indagine dei carabinieri di Valmontone. I suoi soci sarebbero stati un autista della Cotral, Alessandro Mele, e un vigile urbano, Stefano Gallo, entrambi agli arresti. Secondo gli inquirenti, i tre si rifornivano di cocaina da una serie di spacciatori albanesi nella zona di Torre Maura, per poi rivenderla nell'hinterland romano. Per sette albanesi e tre italiani è stata disposta la custodia cautelare, ma decine di perquisizioni sono ancora in corso, anche se non è prevista al momento nessuna ispezione in Senato perché dall'inchiesta non sono emerse attività di spaccio.
Il direttore delle Poste, 53 anni, nativo di Olevano Romano, già responsabile della filiale di viale Mazzini, era orgoglioso del suo posto di lavoro, a giudicare dalle foto pubblicate su Facebook. Sorride al suo tavolo di ufficio, accanto alla televisione a circuito interno che inquadra il presidente. Molto «espansivo», lo descrivono nei corridoi, dove si muoveva con una spiccata attitudine «alle relazioni». E quella politica con cui conviveva ogni giorno doveva amarla e odiarla, subendone il fascino ambivalente. Sempre da Facebook, Ranaldi si mostra a un convegno dell'Api di Francesco Rutelli, e poi quasi accanto al senatore. Le foto sono state rilanciate dal sito di Repubblica, e hanno scatenato la reazione furibonda di Rutelli & co: «Vergognoso, una cosa indegna. Un killeraggio - esplodeva Rutelli su Twitter a commento della Ranaldi gallery - Repubblica sputtana la gente in un modo vergognoso». Il direttore delle Poste in effetti di Alleanza per l'Italia era un iscritto attivo. Ma un semplice iscritto, «uno dei 50mila», precisano dall'ufficio stampa rutelliano. La vicinanza delle foto mostrata era «del tutto casuale», durante «una festa di giovani al lago di Piediluco». E comunque Ranaldi ora «è stato espulso». Ammette un'amicizia di lunga data il senatore di Api Riccardo Milana: «Conosco Ranaldi da tanti anni, come un vecchio amico del mio stesso paese d'origine», ma certo «credo che nessuno potesse immaginare il suo coinvolgimento in una vicenda di questo tipo».
Su Facebook ieri sera non c'era più traccia né delle foto né del profilo di Ranaldi. Tutto cancellato. La pagina del direttore è irreperibile anche su Twitter. Eppure, proprio sul social forum dei commenti liberi, Ranaldi di recente scriveva le sue critiche alla Casta: «Continua la fuoriuscita di volgarità e arroganza dalla politica che non viene scelta dai cittadini!». E con Milana si lamentava: «Bisogna cambiare, con la testa e con il cuore. E senza il portafoglio.

Basta gargarozzoni e musicanti!».

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