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La dottrina della Chiesa a processo per omofobia

A Pamplona, in Spagna, sotto inchiesta il cardinale nominato dal Papa. L'accusa è di aver esposto la posizione del Vaticano sull'omosessualità

La dottrina della Chiesa a processo per omofobia

La sua unica colpa, che ora potrebbe addirittura costargli la galera, è stata quella di riaffermare chiaramente la posizione della Chiesa, dettata dal catechismo cattolico. E così accade che in Spagna, monsignor Fernando Sebastian Aguilar, arcivescovo emerito di Pamplona e futuro cardinale - riceverà la porpora nel primo Concistoro di Papa Francesco il 22 febbraio - venga indagato e incriminato per omofobia, per aver utilizzato il termine «deficienza» riferendosi agli omosessuali. A scagliarsi contro di lui, e dunque a intentare causa, è stata «Colegas», un'organizzazione non governativa spagnola del mondo cosiddetto Lgtb, con l'accusa di oltraggio alla Costituzione, incitamento all'odio e alla discriminazione, reato simile a quello che si voleva introdurre anche in Italia. Accuse pesanti verso l'arcivescovo che si era espresso sul tema in un'intervista al Diario Sur il 20 gennaio scorso. Nel giro di pochi giorni, dunque, il Vaticano finisce sotto processo per le sue posizioni in temi morali, che arrivano dritte sui banchi dei Tribunali e che diventano presto materiale di procedimenti giudiziari.
Ci sono ancora gli strascichi del «processo sommario» dell'Onu al Vaticano, col documento pubblicato dal Comitato per la difesa dei minori, che ha accusato la Santa Sede di non aver adeguatamente risposto al fenomeno della pedofilia all'interno della Chiesa.

Proprio ieri padre Federico Lombardi, direttore della sala stampa della Santa Sede, è tornato a rispondere al Palazzo di Vetro, accusandolo di aver elaborato il dossier sulla pedofilia dietro impulso di Organizzazioni non governative «ben note, pregiudizialmente contrarie alla chiesa cattolica e alla Santa Sede».
E ora arriva un nuovo atto di accusa. A Malaga monsignor Fernando Sebastian Aguilar, 84 anni, è accusato del reato di «omofobia». L'arcivescovo, fine teologo, molto stimato da Papa Bergoglio e suo personale amico, nell'intervista al Diario Sur aveva affrontato il tema dell'omosessualità. Aveva parlato di «accoglienza, rispetto e stima» verso i gay. Il Papa però «non tradisce né modifica il magistero tradizionale della Chiesa. Una cosa è manifestare accoglienza e affetto a una persona omosessuale e altra cosa è giustificare moralmente l'esercizio dell'omosessualità. A una persona - aveva proseguito l'arcivescovo - posso dire che ha una deficienza che è quella che è, però questo non significa che smetta di stimarla e aiutarla».
Su quella parola, «deficienza», si è aggrappata l'accusa della Ong spagnola. Ma il futuro cardinale aveva anche precisato il senso di quel termine. «Con tutto rispetto dico che l'omosessualità è una maniera deficitaria di manifestare la sessualità, perché questa ha una struttura e un fine che è quello della procreazione. Segnalare a un omosessuale una deficienza non è un'offesa, è stima. Quando una persona ha un difetto, un buon amico glielo dice». La parola «deficienza» è stata però subito deformata in «malattia» e gli attivisti della comunità omosessuale spagnola hanno cavalcato l'ondata post-zapateriana per appellarsi alla procura che ha prontamente detto sì alle richieste della lobby gay. Immediata la replica della diocesi di Malaga che, in una nota, parla di «manipolazioni delle dichiarazioni dell'arcivescovo» che «non ha mai parlato di “malattia”». «Il termine deficienza non si riferisce a una malattia, ma si inserisce nel contesto della sessualità piena e integrata, diretta al fine della procreazione», ha precisato la diocesi, sottolineando che «le dichiarazioni dell'arcivescovo si sono mantenute strettamente sul piano della moralità» e su questo «il catechismo della chiesa cattolica è molto chiaro». Ora sarà la magistratura spagnola a chiarire se le dichiarazioni di Sebastian Aguilar costituiscano oggetto di reato. È la prima volta che un vescovo, in Spagna, è indagato per omofobia. Rischia di non essere l'ultima.

Il rapporto firmato dal Comitato Onu per i diritti dei bambini presenta «limiti gravi», dice il portavoce vaticano padre Federico Lombardi. «In particolare - spiega - sembra grave la non comprensione della natura specifica della Santa Sede».
Un fatto, aggiunge, su cui «si ha diritto di stupirsi». E ancora: «Il modo di presentare le obiezioni e l'insistenza su diversi casi particolari sembrano insinuare che si sia data molta maggiore attenzione a Ong ben note, pregiudizialmente contrarie alla Chiesa cattolica e alla Santa Sede, che non alle posizioni della Santa Sede stessa».
Inoltre il Vaticano pone l'accento sul fatto che le «osservazioni del Comitato in più direzioni sembrano andare oltre le compentenze e interferire nelle stesse posizioni dottrinali e morali della Chiesa cattolica», dando indicazioni su contraccezione e l'aborto.

Davanti alla crisi del matrimonio che si manifesta con «la facilità nel ricorrere al divorzio o alla separazione di fatto», secondo Papa Francesco «i pastori sono chiamati a interrogarsi su come assistere coloro che vivono in questa situazione, affinché non si sentano esclusi dalla misericordia di Dio, dall'amore fraterno di altri cristiani e dalla sollecitudine della Chiesa per la salvezza». È un passaggio del discorso che il Papa ha consegnato ai vescovi della Polonia.

Per il Pontefice occorre «aiutarli a non abbandonare la fede e a far crescere i loro figli nella pienezza dell'esperienza cristiana».

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