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Droga, veleni e affari: guai per l'accusatore di Lavitola

L’autista di Velocci, teste chiave contro l’ex direttore dell’Avanti, rivela: "Trattava appalti sotto l’effetto di droghe e frequentava locali hard"

Droga, veleni e affari: guai per l'accusatore di Lavitola

Roma - E adesso nell’affaire Lavitola spunta un teste che sputtana il superteste, in una catena di racconti compromettenti. Sotto accusa ora è Mauro Velocci, «gola profonda» che alla procura di Napoli ha raccontato di tutto e di più sull’ex direttore dell’Avanti. Velocci è l’ex presidente del consorzio di imprese italiane, lo Svemark, coinvolto nel presunto giro di tangenti oltreoceano. Ad attaccare l’uomo, a mezzo stampa, è invece un tassista panamense, tal Antonio Santoya, che secondo il quotidiano filogovernativo Panama America era l’autista di Velocci quando l’imprenditore italiano «operava» nel Paese centroamericano. Ebbene Santoya, intervistato dal quotidiano, racconta virtù, ma soprattutto vizi, del testimone chiave dell’inchiesta napoletana, che seduto al volante avrebbe seguito in lungo e in largo per Panama nell’anno e tre mesi trascorso nel Paese da Velocci.
Secondo il tassista-autista, l’imprenditore italiano si sarebbe presentato alle riunioni tenute al ministero della Giustizia di Panama per le trattative sugli appalti per le carceri mentre era sotto l’effetto di stupefacenti, «drogato». E la sera, aggiunge Santoya al giornale panamense, Velocci si accompagnava alle escort che frequentavano i caffé notturni della capitale centroamericana. Santoya, però, non si limita a disegnare l’uomo, ritenuto credibile dalla procura di Napoli, come tossicodipendente e con un debole per le prostitute. Aggiunge anche di aver travalicato le proprie funzioni di semplice chauffeur per adattarsi a ricoprire altri ruoli, sempre nell’interesse dell’imprenditore italiano.
Santoya, a suo dire, avrebbe «fatto» addirittura da segretario per conto del consorzio Svemark. E il suo coinvolgimento in questa veste sarebbe provato non solo dalle sue parole ma anche da carte ufficiali. Carte che dimostrerebbero come la scorsa estate, il 29 agosto del 2011 per la precisione, avrebbe ritirato della documentazione nella sede della compagnia, per poi fare da assistente a Velocci nell’unica assemblea generale degli azionisti convocata. Una posizione, quella dell’autista-tuttofare, ben più addentro gli affari dell’imprenditore. Tanto che il quotidiano online Estrella (che ha ripreso l’intervista all’uomo pubblicata su Panama America) lo definisce «braccio destro» del superteste Velocci.
La «testimonianza a mezzo stampa» dell’autista è ovviamente tutta da verificare, ma potrebbe forse pesare sulla considerazione che i pm di Napoli che indagano su Lavitola e sul parlamentare Pdl De Gregorio hanno della loro «gola profonda». Proprio Velocci ha rivelato le presunte dazioni di danaro da Berlusconi a Craxi per il tramite dell’ex editore dell’Avanti, sostenendo con i pm di aver saputo proprio da Lavitola «che lui era il “pupillo” di Craxi e che quando fuggì in Tunisia, a lui era affidato il compito di portare i soldi in contante da Berlusconi a Craxi che si trovava in Tunisia». Una storia che Stefania Craxi ha definito «colossale bufala», annunciando peraltro querele contro l’imprenditore-testimone. Sempre Velocci ha dichiarato alla stampa che Lavitola poteva permettersi, a Panama, di rivendicare il suo unico ruolo di contatto «col governo», arrivando a maltrattare sia la segretaria di Berlusconi che l’ambasciatore italiano, e che l’ha «sentito parlare di tangenti». Curiosa la parabola del «teste chiave», uno che ha registrato decine di conversazioni con altri personaggi coinvolti nelle indagini per poi «riversarle» volontariamente ai magistrati della procura partenopea, offrendo a ogni pie’ sospinto possibili sviluppi all’inchiesta.

E ora, a sua volta, tirato in ballo da una persona a lui vicina.

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