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Ecco perché è giusto legalizzare la poligamia

Pacs, Dico e regolamentazione delle coppie di fatto nascondono grandi ipocrisie. Ma se fossero il grimaldello per importare i valori dell'islam? 

Ecco perché è giusto legalizzare la poligamia

Il mariage pour tous (matrimonio per tutti) e/o i «pacs» o «dico», concepiti per regolamentare le coppie di fatto, vorrebbero eliminare un problema; ma potrebbero rischiare di aprirne -in prospettiva- un altro. Il lodevole evidente intento è porre fine alle odiose discriminazioni contro le unioni omosessuali; ma, almeno in lungo periodo, si potrebbero così innescare rivendicazioni omologhe a favore della famiglia poligamica; o comunque di quella da ménage a trois (o… a beaucoup), poligamica o poliandrica, etero o omo che sia. Certo, il primo problema sembra meritevole ed urgente, ed il secondo odioso e già giustiziato dalla nostra cultura e storia. Ma la globalizzazione è anche culturale, in un occidente sempre più pluriculturale e plurietnico, e soprattutto in un Sud Europa pressato dalla immigrazione e dalla contiguità geografica con il continente africano. Dove in alcuni paesi sopravvive una orrenda criminalizzazione della omosessualità, con la raccapricciante previsione del delitto di «sodomia» punito con la frusta o con la morte (Uganda, Nigeria…). Dove, per contro, in non pochi paesi, la poligamia è favorita, o comunque legalizzata, o quanto meno praticata o tollerata.

Mettiamoci allora nei panni dei milioni di nuovi europei, non pochi dei quali provenienti da culture che stigmatizzano l'omosessualità come «contro natura» (grottesco errore dal quale ci siamo da non troppo tempo emendati) e praticano o non disapprovano una poligamia che ha solida tradizione anche biblica. Noi vogliamo «integrarli», ma senza distruggere le loro radici. Costoro, così, anche quando provenienti da quei contesti, debbono adeguarsi sia al dogma monogamico, sia al ripudio d'ogni omofobia. Ma, a questo punto, anche un islamico culturalmente laicizzato e relativista, posto di fronte ai pacs o al mariage pour tous, potrebbe prevedibilmente chiedersi: se il mariage (o il patto di convivenza) diventa pour tous, eliminando le discriminazioni per sesso, perché allora resta limitato solo alle «coppie», mantenendo invece la discriminazione per numero? Perché tous deve essere solo duale e non anche plurale? Il nostro relativismo potrebbe anche farci comprendere (ma non necessariamente scusare) che egli possa - e voglia - rivendicare che, se cade una discriminazione, dovrebbe cadere anche l'altra. Certo, noi sentiamo sulla pelle la prima, mentre siamo lontani dal percepire e concepire la seconda. Che ci sembra anche puzzare di sessismo, visto che molte sono le unioni poligamiche e quasi nulle quelle poliandriche o… poliomo.

Non dimentichiamo però che, in Italia o in Francia, le «famiglie di fatto» poligamiche sono già una realtà. Che a noi forse ripugna. Ma, qualcuno potrebbe dire, chi siamo noi per impedire a ciascuno di vivere -quando senza costrizione- secondo il proprio sentire? Non possiamo, né noi, né loro, equivocare fra natura e cultura. Ed è rovinoso il frequente argomento che bolla come «contro natura» la poligamia, così riesumando a torto il tristo cavallo di battaglia degli omofobi, e dimenticando che la frequenza statistica di pulsioni e comportamenti fedifraghi rivela la specie dell'homo sapiens come non strettamente monogamica (l'esempio dato da capi di stato antichi e recenti, da Cleopatra ad Hollande, docet!). La disciplina prossima ventura delle unioni di fatto rischia dunque d'essere, in prospettiva, il cavallo di Troia per rivendicare la legalizzazione di unioni anche poligamiche? Potrà sembrarci retrogrado ed antistorico, ma non sarà facile, in lungo periodo, negarne la estensione alle tante famiglie poligamiche immigrate, le quali volessero essere da noi giuridicamente regolate, almeno, come «famiglie di fatto». Il problema è già seriamente avvertito in qualche paese occidentale (ad esempio il Canada). Mentre i nostri giudici, oltre ovviamente a non ritenere bigamo il poligamo regolarmente pluriconiugato all'estero, cominciano a discutere circa la rilevanza dello status di coniuge per le mogli del poligamo sia pure a molto limitati fini, quali filiazione e ricongiungimenti.

Per ora, applicando una legge del '98, negano il ricongiungimento familiare con il coniuge «regolarmente soggiornante con altro coniuge nel territorio nazionale». Ma fino a quando? E, comunque, non rileva quale moglie sia stata sposata per prima, ma quale per prima sia venuta in Italia!

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