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Tavolazzi: "Epurarmi è stato un errore: lo ha ammesso pure Grillo"

Dopo il fuorionda di Favia, anche il consigliere Valentino Tavolazzi conferma: "Casaleggio detta linea politica a livello nazionale e decide le espulsioni. Epurarmi è stato un errore: lo ha ammesso pure Grillo"

Tavolazzi: "Epurarmi è stato un errore: lo ha ammesso pure Grillo"

Valentino Tavolazzi, lei è il primo epurato di Beppe Grillo.
«Non sono mica epurato».

Ma come...

«Beppe Grillo è proprietario del simbolo ma non del movimento, che è composto da milioni di persone. Quindi mi ha inibito solo l'uso del simbolo. E infatti sul sito di Progetto per Ferrara, la lista civica nella quale sono stato eletto consigliere comunale, il simbolo di M5S c'è ma è cancellato».
Insomma: l'ingegnere ferrarese, 53 anni, manager d'azienda, un passato remoto nel Pci, un passato prossimo di battaglie per il territorio, è un separato in casa nel movimento. «Ma da quel 5 marzo in cui Grillo ha pubblicato sul blog il post in cui mi inibiva, conduco una battaglia per la democrazia interna al movimento, per l'applicazione di quanto previsto nel cosiddetto non-statuto».

Lei fu espulso per una due giorni a Rimini non gradita a Grillo, vero?

«Mi hanno accusato di essere andato contro il non statuto, che volevo escludere Grillo. Tutte menzogne. Quell'incontro fu trasmesso in streaming, era tutto visibile».

Allora Grillo...

«Guardi, Grillo ha meriti enormi, ha fatto un lavoro eccezionale, ha avvicinato alla politica persone che ne erano lontanissime, ha dimostrato che il Movimento con lo strumento della democrazia diretta può arrivare in Parlamento».

C'è un ma?

«Ma tutto questo rischia di essere vanificato se non c'è una crescita di spessore politico, ciò che accadrà se non si applicherà davvero il principio dell'uno-vale-uno. Oggi invece gli indirizzi del movimento vengono diramati con post pubblicati sul blog di Grillo o con entrate a gamba tesa di Gianroberto Casaleggio. Basti guardare alla frenetica attività di espulsione dal movimento, all'inibizione di ogni dissenso. E guardi che se ogni tanto c'è un intervento verticistico non è la fine del mondo».

E qual è la fine del mondo?

«Che il programma politico per il 2013 e le candidature non sono oggetto di discussione tra i cittadini. Noi vogliamo votare. La fase di crescita del movimento è stata entusiasmante, ma ora è il momento della fase due, la costruzione della politica e dell'organizzazione».

Lo vede che ha ragione Grillo a dire che lei ha la testa a forma di partito?

«Ma noi non vogliamo mica le strutture di un partito, capi e capetti. Noi vogliamo una struttura orizzontale dove la base equivale alla testa. Per questo serve lo strumento che ci era stato promesso, il portale dove un argomento viene posto, discusso, sviscerato e poi votato dai militanti diventando così posizione ufficiale del movimento».

Mi sa che ci stiamo avvicinando al cuore del problema. Il portale non doveva essere creato da Casaleggio?

«Io credo che Grillo sia in buona fede, ma non ho la stessa certezza per Casaleggio. All'inizio doveva essere il braccio operativo del Movimento, ma non ha prodotto il portale e si è trasformato in stratega: detta la linea politica, espelle, copre il vuoto assoluto che c'è a livello nazionale a differenza del territorio, si pone sullo stesso piano di Grillo autodefinendosi cofondatore del movimento».

E quindi c'è Casaleggio anche dietro la sua epurazione, pardon, inibizione?

«Beh, politicamente fu un'epurazione... Comunque sì, nelle mie conversazioni con Grillo successive a quel 5 marzo ho avuto l'impressione che lui fosse disinformato sulle vicende che hanno portato al provvedimento nei miei confronti. E Grillo mi ha anche detto che avermi cacciato è stata una figura di merda, un errore. Errore a cui si è aggiunto il no alla mia nomina a direttore generale del Comune di Parma con Pizzarotti».

Lei è l'unico a pensarla così?

«No, nel movimento siamo in tanti a pensare che Casaleggio sia il problema. Con lui è un movimento monco: lui domina, limita il libero pensiero, dice: o con me o fuori dal movimento. Noi vogliamo essere diversi dai partiti, che accusiamo di essersi spartiti l'Italia, di aver svuotato la democrazia, di avere allontanato la gente dalla politica.

Ma se poi non realizziamo ciò che promettiamo, cioè che siano i cittadini a comandare, noi non lo saremo mai».

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