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Una nuova tassa occulta: estorsione della Rai

Canone anche sui computer, ondata di minacciosi bollettini. Il governo tace 

Una nuova tassa occulta: estorsione della Rai

Non bastavano le miriadi di tasse e tassette, bolli e balzelli disseminate dallo Stato a destra e a manca. Adesso a fare la furba ci prova anche la Rai. Migliaia di italiani stanno ricevendo una lettera che li invita a pagare fantomatici canoni (fino a 400 euro a botta) in quanto possessori di computer in grado di ricevere immagini televisive.
Nel mirino degli strozzini di Stato ci sono soprattutto artigiani e commercianti che tengono in bottega strumenti tecnologici in grado di fare le veci del tradizionale televisore. Il tono dell'avviso di pagamento è perentorio e minaccioso di ulteriori sanzioni. In pratica una estorsione in piena regola. Noi non sappiamo se l'azionista, cioè Parlamento e governo, sia a conoscenza di quanto sta accadendo. Certo sarebbe meglio che qualcuno, da quelle parti, buttasse un occhio su questa pratica.
Il dubbio è che il direttore generale della Rai, Gubitosi, stia cercando di fare pagare a noi il conto che gli ha presentato Renzi: 130 milioni di tagli da fare in fretta e furia. Mi spiego: Renzi chiede soldi alla Rai, la Rai invece che risparmiare li chiede a noi inventandosi la storia del canone sui computer. I conti così tornerebbero per governo e Rai, non per le nostre tasche.
Di tasse occulte ne abbiamo già abbastanza: passaporti, accise sulla benzina e via dicendo. Mi permetto un consiglio non richiesto agli italiani che stanno ricevendo questa vergognosa minaccia che si aggiunge alla discutibile pretesa di farci pagare un canone per il solo fatto di possedere un televisore (non necessariamente sintonizzato sui canali della tv pubblica). Arrivasse a me un simile avviso, lo rispedirei al mittente (o a Renzi) con una bella scritta: «Abbiamo già dato, ladri». E denuncerei Gubitosi (nulla di personale, ma è lui il direttore generale) al tribunale più vicino per tentata estorsione. Subito dopo mi augurerei che in Parlamento, tra una lite sulla riforma del Senato e un'altra su quella elettorale, il mio partito di riferimento trovasse il tempo di tutelare con una certa energia quel che rimane del nostro stipendio che già è spremuto a sufficienza. Anzi, direi oltre ogni limite di decenza e sostenibilità.


Ps: ringrazio a nome di tutti i colleghi i tanti lettori che in varie forme ci hanno fatto pervenire il loro augurio per il quarantesimo compleanno de «Il Giornale».

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