Politica

La fiacca protesta degli irriducibili delusi

Un gruppetto del popolo Viola lancia uova contro l'auto dell'ex premier

La fiacca protesta degli irriducibili delusi

Roma - La scena del delitto per molti - e della svolta per tanti altri - è un budello al centro di Roma, che per tre ore resta cristallizzato in un presepe di telecamere e riflettori a grappolo attorno all'ingresso della sede Pd al Nazareno. Ogni accesso chiuso dalle forze dell'ordine, via libera solo ai giornalisti che bivaccano aspettando notizie, e ai pochi residenti di via Sant'Andrea delle Fratte. I pochi negozi malinconicamente vuoti, i commercianti a pagare lo scotto della possibile grande intesa: i pantaloni di velluto con il 50 per cento di sconto e le corazze di plastica da gladiatore del negozio di souvenir presidiato da un cinesino per oggi resteranno sugli scaffali. Niente affari nemmeno per la gioielleria che vende ciondoli con l'azzeccatissimo brand «Amore e baci». Chi di amore e pace non ne vuole sentire parlare è Gianfranco Mascia, leader del Popolo Viola, che si piazza di presidio davanti alla sede del Pd e sbraita per tutto il pomeriggio contro quello che definisce il «superinciucio» tra «un aspirante premier e un vecchio premier pregiudicato». «È anomalo - spiega Mascia sul suo blog - sentire le giuste critiche di Renzi sul governo delle grandi intese, e poi vederlo finire nell'abbraccio con un criminale. Altro che grande intesa. Questa sarebbe una intesa criminale». Un po' di scontenti si raggrumano attorno a lui, arginati con tranquillità dagli agenti, e si animano all'arrivo dell'Audi di Berlusconi, che appare puntuale pochi minuti prima delle 16 e scatena un po' di gazzarra: «Non si tratta con i criminali», urla uno. Un altro rinuncia a una possibile frittata lanciando un paio di uova che si infrangono sulla parte posteriore della carrozzeria della berlina. Il Cavaliere non si accorge di nulla e si infila attraverso una porticina a lato della chiesa di Sant'Andrea delle Fratte in casa del nemico di sempre. È la prima volta per lui nella sede Pd e si sfogliano gli almanacchi per ricordare altri momenti simili. Fuori inizia la lunga attesa con vista sul compromesso storico. La iena Enrico Lucci immalinconisce e chiacchiera con le ragazze. Diego Bianchi detto «Zoro» sembra un giornalista qualsiasi, forse pensa già alla partita della sua Roma che sta per iniziare. Un fotografo riesce a farsi ospitare dall'inquilina di un appartamento al primo piano di via Sant'Andrea delle Fratte numero 6 e da lì si gode il panoramico vantaggio. Poi, qualche minuto dopo le 18,30 Berlusconi esce da dove è entrato. Per evitare un incontro ravvicinato con i contestatori la sua Audi viene indirizzata in un corridoio ricavato sul sagrato della chiesa da blindati e camionette disposti in fila dopo laboriose manovre. Sgommata via l'Audi, la folla nel frattempo lasciata libera si sposta poche decine di metri più in là davanti all'ingresso del Pd, per l'uscita di Matteo Renzi. Che schizza via a piedi e con un casco in mano, borbotta poche parole e si dirige verso il taxi che lo aspetta poco distante per portarlo di nuovo alla stazione, di nuovo al treno. Il sabato è finito.

Se sarà stato storia o cronaca lo dirà il tempo.

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