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Fitto, il lealista nell'anima che disse di no a D'Alema

Nel '99 il fedelissimo di Berlusconi rifiutò l'invito dell'ex premier, che era stato amico del padre, a passare a sinistra. Nel 2010 il suo unico errore: sabotare la Poli Bortone

Fitto, il lealista nell'anima che disse di no a D'Alema

Quando rimase orfano, Raffaele Fitto, il capofila dei lealisti berlusconiani, aveva diciannove anni e un giorno. Era il 29 agosto del 1988 e il padre, Salvatore, eminente presidente democristiano della Regione Puglia, era morto in un incidente stradale prima ancora che il giovanotto finisse di scartare i regali di compleanno della vigilia. Li lasciò intatti e, voltata pagina, raccolse il testimone del genitore.
A Maglie, la città natale - la stessa di Aldo Moro - Raffaele era stato fin lì considerato un figlio di papà. Buona mezzala nel gioco del pallone, arrogante con i professori, frequentatore di discoteche, sfegatato democristiano che faceva a pugni con i comunisti. Ma il giorno delle esequie indossò la camicia bianca e l'abito scuro e da allora non li tolse più. Sono tuttora la sua divisa di politico in carriera, che veste Caraceni e che, sempre pettinato e sbarbato, rappresenta il berlusconiano che va a genio al Cav. Ha i difetti di sorridere poco, essere scarsamente comunicativo e della cadenza leccese. La sua virtù è la pudicizia che manifesta abbassando gli occhi e imporporandosi quando Denis Verdini, coordinatore del Pdl, spara una delle sue irripetibili scollacciatezze toscane.

«Sarò governatore della Puglia», si ripromise Raffaele dopo la tragedia familiare e andò per consiglio da Max D'Alema che, seppure avversario politico, era stato estimatore del papà ed era deputato comunista della Puglia. Max lo incoraggiò vedendo in lui la stoffa del figlio d'arte e pregustando future alleanze. Con questo viatico, nel 1990, l'orfano fu eletto a 21 anni consigliere regionale della Dc ancora solidamente in sella. «Fitto aveva allora l'autorevolezza e la maturità che ha oggi», ha raccontato tempo fa Gianfranco Rotondi, dc dalla nascita ed ex ministro, che se lo vide arrivare a Saint Vincent, nel convegno della corrente di Donat Cattin, per soffiargli la palma del partecipante più giovane che lui, con i suoi 29 anni, pensava di detenere e che, invece, toccò al virgulto di Maglie.

Crollata la Dc sotto i colpi di Tangentopoli, Raffaele si trovò automaticamente nel Ppi di Mino Martinazzoli. Fu qui che fornì prova di caparbia coerenza politica. Nonostante fosse evidente che i magistrati di Mani pulite, mazzolando a testa bassa centristi e craxiani, risparmiavano metodicamente le sinistre di ogni sfumatura, Raffaele, con sprezzo del pericolo, si schierò sempre a destra, rifiutando ogni commistione con Querce e Ulivi. «Se vai con loro, ti fagocitano», diceva, non cedendo nemmeno - come vedremo - alle lusinghe tentatrici di D'Alema.

Appena il Ppi si legò agli ex comunisti, Fitto ne uscì e passò nel Cdu di Rocco Buttiglione che aveva scelto l'alleanza col Cav ai suoi debutti (1994). Quattro anni dopo, quando invece Buttiglione, seguendo le sirene di Francesco Cossiga e Clemente Mastella, passò con l'Udr per appoggiare il governo D'Alema, Raffaele non ci pensò due volte: mollò Buttiglione per restare fedele al Cav. Fu in quella occasione che lo conobbe, portato nella sua dimora dal conterraneo di An, Pinuccio Tatarella. Fitto era allora, vicepresidente della Puglia (era stato rieletto in Regione nel 1995) e si presentava con l'aureola del «grande rifiuto». Era accaduto infatti che D'Alema, per favorire la conquista diessina della Puglia, allora del centrodestra, fosse andato personalmente a casa di Fitto a Maglie, non lontano dalla piazzetta in cui c'è l'assurda statua di Aldo Moro con l'Unità in tasca. «Se vieni con noi - gli disse Max - ti garantisco la presidenza della Regione». «No grazie, sono a destra e ci resto», fu la replica.

Questo per dire che il Fitto «lealista» delle ultime settimane non è casuale, ma coincide con la sua storia politica. Atteggiamento che gli ha portato innumeri vantaggi ma che corrisponde a convinzioni radicate.
Nell'incontro con Tatarella, il Cav trovò subito irresistibile il giovanotto. «Tu sarai la mia protesi», gli disse cooptandolo tra i pupilli. Il primo effetto, fu lo sbarco di Fitto al Parlamento Ue dove rimase però solo un anno, poiché nel Duemila - eletto trionfalmente con il Pdl - optò per la presidenza della Regione Puglia. Aveva 31 anni, la stessa età di Napoleone Console. Il quinquennio di Fitto alla Regione è ricordato in chiaroscuro. Promosse una riforma sanitaria che migliorò i conti ma fece venire l'orticaria ai pugliesi per la chiusura di diversi ospedali «sotto casa». È su questa rabbia che, allo scadere del mandato nel 2005, giocò il rifondazionista Nichi Vendola, riuscendo a batterlo e a prenderne il posto. La guida della Regione gli è anche costata una condanna a quattro anni per finanziamento illecito, nonostante Fitto abbia dichiarato e messo in bilancio le somme. Ma è solo una sentenza di primo grado e l'interessato si dice sicuro di sé.
Appiedato, Raffaele profittò della pausa per impalmare, alle nove di sera (de gustibus) la sua bella Adriana nel luglio 2005. Alla vigilia della nascita del primo figlio, il Cav gliene combinò una delle sue. Ospite di Fitto per un comizio in Puglia, il Berlusca, per ingraziarsi la folla, annunciò l'avvenuta nascita del bambino. Non era vero perché mancavano 48 ore. Così, Adriana fu inondata di telegrammi e fiori mentre era ancora preda delle doglie e lo smarrito papà fu combattuto tra l'indulgenza verso il Cav e la voglia di strozzarlo. Per farsi perdonare, il Berlusca spedì Fitto in Parlamento, dove è ormai da tre legislature, e lo nominò nel 2008 ministro delle Regioni del suo quarto governo.

Un grave limite di Raffaele è il continuo timore di essere scalzato dal suo potere pugliese. Paranoia che ha fatto perdere al centrodestra la riconquista della Regione nel 2010, quando un Vendola alle corde, riuscì a spuntarla per le paturnie di Fitto. Sarebbe bastato, per sconfiggere il centrosinistra, candidare con il Pdl, Adriana Poli Bortone, ex An e popolarissimo ex sindaco di Lecce. Il Berlusca lo sapeva dai sondaggi, ma Fitto si mise di traverso inventando arzigogoli contro Poli Bortone. In realtà temeva che, lei eletta, l'elettorato da lui controllato trasmigrasse in base alla logica, diffusa nel Sud, di andare con chi più è in grado di farti favori, come lo è chi governa la regione. Così, Poli Bortone, stanca di balletti, si presentò per conto proprio, dividendo il centrodestra. Della parcellizzazione, profittò Vendola che rivinse. Fitto ebbe un tracollo di stima tanto che diversi conterranei non gli perdonano tuttora la sconfitta causata dal suo basso egocentrismo.

Ma, a soli 44 anni, avrà tempo per riscattarsi.

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