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Gaffe, marchette, retromarce: per Letta un travaglio di 9 mesi

Bilancio disastroso: dal 28 aprile 2013 una serie infinita di scandali e nessuna riforma. Ministri a pezzi: quasi nessuno di loro è stato esente da batoste. A parte quelli immobili

Gaffe, marchette, retromarce: per Letta un travaglio di 9 mesi

Roma - Chissà se ieri, durante il volo transatlantico verso il Messico, Enrico Letta avrà avuto modo di ripensare a questi nove mesi. Vasco Rossi lo chiamerebbe «un equilibrio sopra la follia», quello di un governo impantanato tra figuracce, marchette e retromarce.

Chi avrebbe potuto immaginare il 28 aprile 2013 cosa sarebbe diventato l'esecutivo? Eppure qualche sospetto c'era già meno di due mesi dopo l'insediamento. Il 24 giugno il ministro delle Pari opportunità, Josefa Idem, presentò dimissioni «spintanee». Letta non le perdonò l'aver presentato una palestra come prima casa per evitare la batosta dell'Imu.
Ecco, l'Imu sarà - inequivocabilmente - il fil rouge del calvario. Si tratta dell'unica condizione che Silvio Berlusconi, leader dell'allora Pdl, pose per partecipare alle larghe intese. Cancellare il prelievo sulla prima casa come il Cavaliere aveva promesso in campagna elettorale. In teoria, non servirebbero i salti mortali per trovare 4 miliardi nelle pieghe del bilancio dello Stato per tenervi fede. Letta e il suo ministro dell'Economia, Fabrizio Saccomanni, scelsero la via più tortuosa (per tenere a bada la sindrome da patrimoniale del Pd): a maggio decreto per rinviare la prima rata, ad agosto prime fibrillazioni della compagine governativa sempre più incerta nel mantenere la promessa e infine lo scherzetto della legge di Stabilità che ha solo cambiato nome alla vecchia imposta, aumentandola.

Non è stato l'unico tira-e-molla. Il governo Letta vanta anche un altro record: aver ritirato il 24 dicembre - previo intervento del Quirinale - un decreto sul quale aveva ottenuto la fiducia, il «Salva Roma». Un'accozzaglia di «marchette» come le aveva definite il neo segretario del Pd, Matteo Renzi, tra le quali il taglio dei trasferimenti statali ai Comuni che limitano l'installazione di slot machine e videopoker. D'altronde, anche la Finanziaria non ha brillato per trasparenza: elargendo soldi a pioggia, cercando di prorogare gli affitti d'oro dei palazzi della «casta» e tentando di resuscitare il carrozzone della Federconsorzi. Al tempo stesso, non sono mancate le figuracce come l'ipotesi di decurtare le buste paga degli insegnanti di 150 euro perché non si era trovata la copertura per gli scatti di anzianità. Ancor più penoso il rimpallo di responsabilità tra Saccomanni e il ministro dell'Istruzione Carrozza.

Era destino, perciò, che la posticcia compattezza iniziale si sfaldasse ai primi «calori». A luglio la maggioranza si schierò a testuggine per evitare che Angelino Alfano cadesse vittima della mozione di sfiducia dell'M5S. Il ministro dell'Interno e vicepremier consentì che la moglie del dissidente kazako Ablyazov, Alma Shalabayeva, e la figlia venissero «deportate» in Kazakhstan. I proclami di innocenza e di ignoranza del dossier furono accettati, anche se nuove rivelazioni degli ultimi giorni hanno riacceso i vecchi rancori dell'opposizione. I grillini ci riproveranno. A novembre con il ministro Anna Maria Cancellieri, «rea» dell'interessamento nei confronti della detenuta Giulia Ligresti - rampolla dell'ex patron di Fonsai - e ora pronta a un repulisti nell'amministrazione penitenziaria. Adesso sotto tiro è il titolare dell'Agricoltura, Nunzia De Girolamo, per le vivaci conversazioni sull'Asl di Benevento.
Letta i pezzi li ha persi lo stesso. La maggioranza s'è ristretta perché Forza Italia ha detto «basta», lasciando gli «alfaniani» a reggere il moccolo. Fassina s'è adombrato per uno sfottò di Matteo Renzi.

Enrico, però, ci crede e passa il tempo stilando agende di governo per il 2014.

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