Politica

Genitori in cella per difendere i bimbi obesi

S i sostiene in questi giorni che la corruzione è favorita, se non provocata, da un eccesso di leggi e controleggi, cavilli e burocrazia. Può darsi, ma è come applicare al senso dello Stato e dell'onestà il trito proverbio per cui «l'occasione fa l'uomo ladro». No, il ladro è ladro perché è ladro, e l'occasione gli dà modo di esserlo di più. Ciò detto, l'ingarbugliata girandola buroctratica che frastorna il cittadino sembra fatta apposta per far perdere, oltre il senso dello Stato, quello della (...)

(...) comunità, della individualità, persino del buon senso. Fino a insinuarsi nel rapporto più intimo e delicato, quello «di sangue». Il caso del bimbo obeso non riguarda ancora l'Italia (accadrà presto, vista la crescente tendenza all'adipe, contrapposta a un salutismo forzato), ma appare piuttosto semplice da risolvere: se si dimostrerà che i genitori di quel quintale di bimbo non hanno curato la sua dieta lasciandolo imbolsire fino allo scoppio, sarà bene prendere provvedimenti, educarli a essere genitori, prima di togliere loro un figlio che, insieme alle calorie, perderà anche quello che i cronisti e i favolisti chiamano «calore della famiglia».
È chiaro che prima di tutto bisogna difendere il minore. Ma poniamoci il problema se non va difeso anche dal presunto difensore, ovvero dallo Stato padrone. In Italia è il caso, per esempio, di quella bambina che è stata tolta ai genitori, a Torino, perché «troppo anziani». Lui 70 anni, lei 58, dopo non essere riusciti ad avere figli, hanno intravisto nell'inseminazione eterologa all'estero una possibilità di realizzare il sogno, legittimo per quanto azzardato. Tornati in patria, sono ricaduti sotto le nostre leggi, sotto assistenti sociali e magistrati i quali hanno deciso che la voglia di essere genitori era «fondata sulla volontà di onnipotenza, sul desiderio di soddisfare a tutti i costi i propri bisogni»: una frase che si potrebbe applicare a qualsiasi coppia di trentenni. E ancora: «Non si sono curati del fatto che la bambina si ritroverà orfana in giovane età». Così come nessuno si è posto il problema se è meglio rimanere orfani in giovane età, o crescere in una famiglia adottiva.
Peggio ancora quanto è avvenuto a Torino, dove tre bambini dai 6 mesi ai 13 anni sono stati tolti ai genitori (e alla baby sitter: tanto trascurati non dovevano essere) perché vivevano in una casa troppo sporca. Non è chiaro il concetto di casa troppo sporca (si discute su cacche di cane in una vasca da bagno, che i genitori dicono adibita solo al cane), ma evidentemente lo era abbastanza da far dubitare gli assistenti delle «competenze genitoriali». Ebbene, credo che le mie competenze e capacità genitoriali siano nella media, ma sono pressoché certo che se fossi capitato sotto le grinfie di quei due assistenti sociali, sarei stato bocciato per qualche altro motivo, diverso dal lindore: la giustizia cieca e l'assistenza occhiuta, insieme, non danno scampo. «Una casa in disordine è un po' sintomo di trascuratezza e la trascuratezza è pari al maltrattamento...». Eh no, cari i miei assistenti Spic & Span: se qualcuno ha maltrattato i bambini, qui, siete voi, che li avete lasciati lindi a rimpiangere la mamma, il babbo, e l'amato odore della cacca del cane.
È che, quando si crea una funzione, con tanto di personale addetto, poi quel personale vuole esercitare la funzione. E inevitabilmente qualcuno esagera, come sempre capita quando si esercita un potere senza avere le capacità. Lo Stato invadente non pagare scotto. Sono tanti, tantissimi, i casi di bambini sottratti alle famiglie perché troppo povere. Come se essere poveri fosse una scelta perversa e dettata dalla volontà di fare del male ai bambini. E trovare un lavoro ai genitori, no, Stato? No, lo Stato non ci sente. Proprio stamattina le pubbliche istituzioni mi hanno comunicato - come fosse una cosa normale - che mio figlio Pietro, due anni e mezzo, in settembre non sarà accolto nella scuola materna, perché non è rientrato nella graduatoria. Significa, tradotto, che le tasse che verso servono per mandare all'asilo bimbi più poveri, mentre io dovrò pagare. Va bene, benissimo, è persino giusto. Non è giusto, invece, che io sia costretto, per l'insolvenza delle strutture pubbliche, a mandare Pietro dalle suore. Uno Stato incompetente e incapace limita le mie libertà di cittadino e condiziona l'educazione di mio figlio senza peraltro educarlo.
Bisognerebbe mandargli gli assistenti sociali, allo Stato.
@GBGuerri

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