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Gentile si arrende L'esecutivo perde pezzi ma il premier respira

RomaSoltanto ieri mattina aveva detto in diretta tv su Canale5: «Lo giuro sul mio onore: non sono intervenuto né sull'editore né sul direttore del giornale». Antonio Gentile negava - al microfono della trasmissione di Maurizio Belpietro - tutte le presunte pressioni e censure sul quotidiano L'Ora di Calabria. Con forza e convinzione. Ma a distanza di dodici ore è arrivata la capitolazione. Tante le richieste di dimissioni giunte dai partiti di governo. A nulla è valsa, peraltro, la precisazione del procuratore capo di Cosenza, Dario Granieri. Pur confermando l'apertura di un'inchiesta sul presunto atto di censura, il procuratore ha escluso che Gentile sia iscritto nel registro degli indagati. Eppure il suo posto di sottosegretario alle Infrastrutture per il Nuovo Centrodestra è divenuto una poltrona troppo scomoda e scottante. «Mi dimetto - queste le prime parole del parlamentare calabrese -. Torno a fare politica nelle istituzioni, come segretario di presidenza del Senato, e nella mia regione, come coordinatore regionale, aspettando che la magistratura, con i suoi tempi che mi auguro siano i più brevi possibile, smentisca definitivamente le illazioni gratuite di cui sono vittima». Questo il testo della lettera indirizzata a Matteo Renzi, ad Angelino Alfano e al capo dello Stato. La replica dei destinatari non si è fatta attendere, «Siamo convinti che il tempo (speriamo brevissimo) gli darà ragione. Per noi viene prima l'Italia», commenta Alfano. Mentre Renzi fa i complimenti proprio al Ncd. Quella del partito di Alfano, è per il premier «una scelta che rispettiamo e apprezziamo». Nella lettera il senatore Gentile, fino a ieri sottosegretario alle Infrastrutture, fa una «riflessione amara» per quanto è accaduto: «Chiedo solo che chi ha inteso esprimere giudizi inaccettabili sulla mia persona si ravveda davanti alla verità terza e oggettiva che sarà scritta dai giudici, ma che è già ben presente nella mia coscienza». «Ringrazio - aggiunge Gentile - il presidente Renzi per l'onore accordatomi e Alfano per la fiducia espressami, oltre che i parlamentari del Ncd che hanno capito esattamente come la volontà pervicace di colpire Renzi si sia espressa utilizzando il mio nome. Riconfermo la mia fiducia nella magistratura e nel capo dello Stato che ne presiede l'organo di autogoverno, conscio che nel nostro Paese la maggioranza dei cittadini rifugge dai metodi illiberali e criminali che mi hanno colpito, innocentemente». Poche ore prima della diffusione della lettera di dimissioni, girava voce che Renzi fosse sul punto di capitolare e che intendesse prendere provvedimenti. Molti nel suo partito si erano sbracciati per mostrarsi sconcertati della nomina di Gentile. A iniziare da Rosy Bindi. Il presidente della Commissione antimafia auspicava senza giri di parole le dimissioni di Gentile. Rincarava la dose Michele Emiliano che ricordava come in Calabria quella nomina fosse considerata dal Pd locale come «indigeribile». Anche gli altri partiti dell'alleanza di governo storcevano il naso. E Irene Tinagli di Scelta Civica commentava ironica: «Durante il governo Letta, Renzi è stato molto rigoroso sul profilo dei ministri, chiedendo di volta in volta le dimissioni di molti suoi componenti, da Alfano alla Cancellieri. Credo che anche per questo i casi di Gentile e della Barracciu suscitino stupore e sconcerto». All'opposizione i commenti negativi sulla scelta poco opportuna di Alfano non si contano.

E il Movimento 5 Stelle aveva addirittura annunciato una doppia mozione di sfiducia per Camera e Senato.

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