Politica

Il gioco del premier incaricato: arrivare in aula a tutti i costi

Bersani vuole forzare: spera che al Senato "scatti qualcosa" e chiederà a Napolitano il via libera per un governo di minoranza. Il leader di Sel: "Ci sono molti precedenti"

Il segretario del Pd Pier Luigi Bersani
Il segretario del Pd Pier Luigi Bersani

La resa dei conti è in programma per giovedì al Quirinale, ma Bersani sarebbe intenzionato a chiedere un ulteriore lasso di tempo prima di sciogliere la riserva: «Giovedì (domani per chi legge) o dintorni, cercherò di risolvere entro Pasqua», ha detto ieri sera. E, almeno a sentire la pasdaran bersaniana Alessandra Moretti, il segretario del Pd e premier pre-incaricato è intenzionato a tentare il braccio di ferro con Giorgio Napolitano: «Bersani andrà con l'esito delle consultazioni. Chiederà a Napolitano di andare in Parlamento e di presentare gli otto punti. Mi sento fiduciosa», afferma la ex portavoce delle primarie.

Se il capo dello Stato desse via libera alla presentazione del suo governo in Parlamento, di questo sembrano convinti i supporter di Bersani, la situazione potrebbe sbloccarsi e nell'aula del Senato, magicamente, potrebbero materializzarsi i voti che allo stato mancano per fargli ottenere la fiducia, attraverso complicati giochi di astensioni e uscite dall'aula concordate con il centrodestra. E che questa debba essere la strada per uscire dal pantano lo spiegava ieri a chiare lettere Nichi Vendola, che resta l'unico alleato certo per il momento: «Ci sono molti precedenti di governi di minoranza che si sono retti grazie ad escamotage di aula, e lo stesso Napolitano li ha ben presenti perché ne abbiamo parlato. E siccome nessuno, neppure il Pdl, ha alcuna voglia di andare al voto, se Bersani va in aula e mette ognuno davanti alle proprie responsabilità, sono certo che qualcosa potrebbe scattare. Anche tra i grillini». Il capogruppo di Sel, Gennaro Migliore, spiega che dal centrodestra potrebbero arrivare presto segnali diversi, se avessero la certezza che dopo Bersani c'è solo il voto: «Stanno aspettando di capire se esiste o no un piano B».

Il problema, però, resta quello di convincere Napolitano a lasciar compiere l'azzardo a Bersani. E il capo dello Stato è stato finora chiarissimo nel chiedere «numeri certi» per la fiducia. Mentre, a giudicare dalle dichiarazioni dei partiti all'uscita dalle consultazioni, che ieri sono entrate nel vivo dopo giorni di melina, la situazione continua ad essere di stallo: il centrodestra, che si è presentato compatto con Pdl, Lega e autonomisti di Miccichè, si dicono disponibili ad appoggiare un governo «politico», anche a guida Bersani, ma solo a patto di una piena «corresponsabilità tra le principali forze politiche». Bersani, insomma, deve chiedere esplicitamente i loro voti, e coinvolgerli nell'esecutivo. Oltre naturalmente a tener conto che anche il prossimo inquilino del Colle va scelto insieme. Altrimenti, «meglio il voto». Neppure i montiani di Scelta civica, ricevuti in serata, garantiscono i loro voti al governo del segretario Pd. Anzi, invitano anche loro Bersani ad «un ulteriore sforzo che indichi la volontà di un maggiore coinvolgimento di tutte le forze politiche che possono contribuire a dare avvio alla legislatura». Aprire le porte al Pdl, insomma. E persino il presidente della Cei Angelo Bagnasco, che Bersani ha voluto far rientrare nelle consultazioni (andando però a trovarlo a casa sua) avrebbe invocato un «esecutivo di salute nazionale», che passi attraverso quella «trattativa obbligata tra Pd e Pdl» che ieri veniva evocata dall'Avvenire. Un'ipotesi che però Bersani continua a respingere, sostenendo che la prospettiva giusta è quella del «doppio binario»: governo da una parte, «condivisione delle riforme» dall'altra: «Va trovato un quadro di corresponsabilità, anche nella distinzione dei ruoli e delle funzioni.

Chiedo che questo percorso non venga impedito».

Commenti