Politica

Governo in fuga, i tecnici a caccia di posti

Molti ministri di Monti esplorano il terreno per un futuro in politica. Grilli richiesto da una banca d'affari

Governo in fuga, i tecnici a caccia di posti

Per i tecnici prove tecniche di fuga dal governo. Con classe, senza accalcarsi sui maniglioni antipanico. Ma anche senza esitazioni, ché chi si attarda è perduto. I ministri esodati del governo Monti forse non mangeranno il panettone al governo, ma molti sperano di sbocconcellare il prossimo uovo di Pasqua nel quadrante di Roma che comprende Palazzo Chigi, Montecitorio, Palazzo Madama e il Quirinale.

La maggiore curiosità riguarda il capobranco, quel Mario Monti che nel bene e nel male ha impregnato di sé un anno della vita italiana al punto da meritarsi l'intestazione di un'agenda e il conio di un aggettivo: montiano. Parola che comprende tutto: rigore, sacrifici, sobrietà, disagio, efficienza. Se qualcuno vorrà aggiudicarsi il «brand» dovrà farsi carico di queste implicazioni, non tutte popolari presso l'elettorato. Scaricato dal Pdl, non necessario al Pd, solo nella lista degli ingredienti dei centristi, al momento Monti sembra destinato al ruolo del «riservista» di lusso, dell'uomo dell'emergenza che scatterà se il combinato disposto di legge elettorale (qualunque essa sia) e contenuto delle urne dovesse consegnare l'Italia all'ingovernabilità. Il piano B è un indirizzo semplice: il Quirinale.

Corrado Passera (Sviluppo economico e Infrastrutture) è nel governo un po' la «sora Camilla», quella che «tutti la vogliono e nessuno la piglia». Di lui, entrato nel governo Monti con l'etichetta di uomo di Berlusconi (ironico, vero?) e ora nemico pubblico numero uno del Cavaliere, si parla da mesi come possibile candidato premier del blocco centrista, nomination troppo precoce per essere vera. Ma lui continua ad autocandidarsi: «Se ci potrà essere qualche cosa che continui e allarghi il lavoro che sto facendo adesso non mi tirerò indietro», ha dichiarato pochi giorni fa.

Pierluigi Bersani, che si sente già premier in pectore, ha sollecitato più volte i ministri tecnici a un endorsement che non è mai arrivato ma continua a non escludere un coinvolgimento nel suo possibile futuro esecutivo di personaggi molto lontani dalla sinistra più di lotta che di governo, come Elsa Fornero (Welfare), Francesco Profumo (Istruzione) e Lorenzo Ornaghi (Beni Culturali). Vedremo. Molto più concreto l'arruolamento di Fabrizio Barca (Coesione territoriale), da sempre in quota democratica. Sembra destinati a un futuro politico anche Giulio Terzi di Sant'Agata, il ministro degli Esteri che twitta molto democraticamente rinunciando alla seconda parte del cognome: uomo di Fini nel governo, su di lui pesa la maldestra gestione della vicenda dei marò in India. Ombra che si allunga anche sul titolare della Difesa Giampaolo Di Paola.

E se il titolare dell'Ambiente Corrado Clini lavora a un suo coinvolgimento in un futuro esecutivo centrista, Renato Balduzzi (Salute) ha la sfortuna di essere ritenuto vicino a Rosy Bindi, in odore di rottamazione, ma ha comunque guadagnato punti in quota Pd opponendosi con durezza ai tagli sulla sanità. Quanto a Mario Catania (Politiche agricole) è diventato negli ultimi tempi attivissimo per farsi notare in area centrista e sempre nei dintorni di Casini Andrea Riccardi ha detto no a una possibile candidatura a sindaco di Roma (ma qualcuno giura che questa pista è tutt'altro che tramontata). Per Annamaria Cancellieri (Interno) c'è uno scenario ancora lontanissimo ma assai suggestivo: diventare la prima presidente della Repubblica donna qualora il gioco dei veti incrociati rendesse una mano di rosa al Quirinale la soluzione più indolore.

E poi ci sono quelli che si defileranno.

Del club fanno parte Vittorio Grilli (Economia), per il quale è pronta la poltrona in un'importante banca d'affari a cui aveva rinunciato per entrare a Palazzo Chigi; Paola Severino (Giustizia), che non vede l'ora di tornare a occuparsi a tempo pieno del suo studio di avvocato; e poi Filippo Patroni Griffi (Semplificazione), Enzo Moavero Milanesi (Affari europei), Dino Piero Giarda (Rapporti con il Parlamento) e Piero Gnudi (Turismo), questi ultimi messi fuorigioco anche dalla carta d'identità abbondantemente «over 70». Domanda da un milione di euro: sono loro a rinunciare alla politica o è la politica a rinunciare a loro?

Commenti