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Il Cav: "Votiamo la fiducia a Letta". Ma ora il Pd vuole un'altra maggioranza

Dopo un lungo braccio di ferro nel Pdl, Berlusconi tende la mano in Aula: "Spero ancora nella pacificazione". La fiducia passa con 235 sì. Ma il Pd: "Ora c'è un'altra maggioranza"

Il Cav: "Votiamo la fiducia a Letta". Ma ora il Pd vuole un'altra maggioranza

E fiducia fu. Dopo una lunghissima giornata, densa di colpi di scena e tensioni politiche, il presidente del Consiglio Enrico Letta fa il pieno di voti a Palazzo Madama garantendo al governo di andare avanti. L'Aula conferma la propria fiducia con 235 favorevoli e 70 contrari. Dopo il via libera di Silvio Berlusconi, il Pdl si ricompatta e vota unito l'appoggio all'esecutivo cambiando, così, il destino di una legislatura che solo fino a qualche ora fa era già destinata alla fine.

Il braccio di ferro si consuma tutto al Senato. È qui che arrivano a pochi minuti di distanza, proprio mentre Letta ha già iniziato a promettere riforme e misure per strappare al Senato la fiducia. Prima Angelino Alfano, che va a sedersi a fianco del premier, poi Berlusconi che va a sedersi in terza fila, tra i banchi del Pdl. Sono divisi da una manciata di senatori. "Vediamo che succede... - si limita a dire il Cavaliere - sentiamo il discorso di Letta e poi decidiamo". Nel frattempo, nell'Aula di Palazzo Madama, inizia a circolare un documento dei senatori azzurri che hanno scelto di sostenere le larghe intese, ancor prima dell’appello a votare la fiducia lanciato da Alfano. Si apre così la giornata più lunga di Letta che, dopo le dimissioni dei cinque ministri pidiellini, ha deciso di presentarsi in parlamento per verificare se il governo ha ancora i numeri per andare avanti. Raramente si è vista tanta tensione, l’ultima volta risale (forse) al governo Prodi, quando i numeri ballerini della maggioranza rendevano instabile la tenuta del governo. Che infatti cadde proprio nel palazzo di Corso del Rinascimento. Gli occhi sono puntati sul Pdl. Il Pd vota compatto. Giusto ieri Letta si è preoccupato di andare a blindare i voti di Matteo Renzi. Più difficile, invece, la posizione del partito guidato da Berlusconi che deve far fronte ai mal di pancia di alcuni parlamentari che intendono portare avanti l'esperienza delle larghe intese. Ancora ieri sera Alfano è andato a Palazzo Grazioli per chiedere a Berlusconi di votare la fiducia al governo. "I senatori Pdl che voteranno la fiducia a Letta - spiega Carlo Giovanardi - saranno più che sufficienti". Ma il senatore Lucio Malan scuote il capo e assicura: "I dissidenti sono pochi, le cifre che sono circolate sono una sparata". Lo stesso Berlusconi, prima del voto, rilascia un'intervista a Panorama per condannare un'eventuale alleanza tra il Pd e i transfughi del Pdl. Alleanza che, a detta del Cavaliere, sarebbe "talmente indecorosa e avvilente" da scontrarsi con la "ripulsa popolare". Così, dopo aver ascoltato il premier chiedere la fiducia per il bene del Paese, riunisce il gruppo dei senatori pidiellini per scegliere come votare in Aula: "Prendiamo una decisione comune per non deludere il nostro popolo". Alla riunione partecipano anche i vertici del partito a Montecitorio, il capogruppo Renato Brunetta, il vice Maria Stella Gelmini e la portavoce del gruppo Mara Carfagna. La decisione viene messa ai voti. E la sfiducia passa all'unanimità.

Per tutta la giornata si susseguono, freneticamente, riunioni e incontri. Roberto Formigoni conferma l’istituzione di un gruppo autonomo formato da ventincinque fuoriusciti del Pdl e dai dieci senatori di Gal. "Ora i destini sono separati...", commenta la Gelmini. Lo strappo garantirebbe a Letta il quorum teorico. Il premier parte, infatti, da una base di 137 voti (escluso quello del presidente del Senato che per tradizione non vota). A questi si aggiungono i cinque senatori a vita e i quattro transfughi stellati che farebbero superare la fatidica "quota 161" necessaria a Palazzo Madama. Si arriva a un passo dalla spaccatura quando Berlusconi decide di intervenire in Aula al posto del capogruppo Renato Schifani per annunciare che il Pdl voterà la fiducia. Una decisione che, seppur presa "non senza interno travaglio", mette insieme "le aspettative e il fatto che l’Italia ha bisogno di un governo che produca riforme istituzionali e strutturali". Eppure, sebbene Berlusconi tenda la mano all'insegna della pacificazione, è il Partito democratico a non voler più i voti del Pdl. "Si è formata nuova maggioranza politica - tuona il capogruppo dem Luigi Zanda - indipendentemente dalle dichiarazioni furbette che contrastano con le parole e i gesti gravissimi che abbiamo sentito con grande stupore e sconcerto". Una presa di posizione violentissima che non fa altro che esacerbare lo scontro. "Se questo è l’inizio di una pacificazione...", sbotta il presidente del Senato Piero Grasso. Molti senatori del Pdl lasciano l'Aula per non votare la fiducia.

"Zanda fa bene a trattarci con un tale disprezzo - commenta Sandro Bondi - io sono una persona perbene e non mi unisco a una tale compagnia".

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