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I cardinali diventano «fratelli» Francesco rompe un altro tabù

«Fratelli cardinali»: un'altra barriera abbattuta da Papa Francesco. I «signori» carichi di onori e titoli diventano «fratelli», anzi «i preti del Santo Padre». Jorge Mario Bergoglio li riceve in Sala Clementina, li saluta a uno a uno, li abbraccia, chiacchiera, gesticola, al newyorkese Dolan dà l'ok agitando il pugno con il pollice alzato. Inciampa quando scende dal trono per ringraziare il decano Angelo Sodano: anche il velluto sui tre scalini è un orpello. E la croce pettorale in ferro fa proseliti: molti porporati ne sfoggiavano una, avendo accantonato quella d'oro.
Due settimane fa, stessa sala, si era svolta una cerimonia analoga: un Papa saluta i cardinali. Era l'addio di Benedetto XVI. Altri abbracci e altro clima, con il segretario Georg Gänswein a controllare l'orologio perché il congedo non affaticasse troppo il vecchio Papa. Ieri don Georg, come prefetto della Casa pontificia, era ancora alla destra dell'uomo bianco, sorridente e disteso.
«Partendo dall'autentico affetto collegiale che unisce il collegio cardinalizio, esprimo la mia volontà di servire il Vangelo con rinnovato amore, aiutando la Chiesa a diventare sempre più in Cristo e con Cristo la vite feconda del Signore»: ecco il solenne impegno preso da Papa Francesco in un discorso, fatto di testo scritto e aggiunte a braccio, «quasi un prolungamento dell'intensa comunione ecclesiale sperimentata in questo periodo».
Un clima che si è riverberato su altri gesti di Papa Francesco. Nel refettorio di Casa Santa Marta cambia sempre tavolo e commensali. Ha fatto piangere il personale del pensionato di via della Scrofa quando è passato a salutare a uno a uno. Ha ricordato il cardinale argentino Jorge Mejía, 90 anni, colpito l'altro giorno da un infarto e nel pomeriggio è andato a trovarlo in ospedale.
L'elezione, svela Bergoglio, è maturata «in questo clima di grande cordialità». Una sorta di retroscena del conclave: «È cresciuta la reciproca conoscenza e la mutua apertura. Quella comunità, quell'amicizia, quella vicinanza ci farà bene a tutti». Così i cardinali sono diventati «docili all'azione dello Spirito Santo. È curioso: il Paraclito fa tutte le differenze nelle Chiese, e sembra che sia un apostolo di Babele. Ma dall'altra parte, è colui che fa l'unità di queste differenze, non nella “ugualità” ma nell'armonia».
Papa Francesco sintetizza così la missione della Chiesa: «Portare Gesù Cristo all'uomo e condurre l'uomo all'incontro con Gesù, realmente presente nella Chiesa e contemporaneo in ogni uomo. Lo Spirito è l'anima della Chiesa. Non cediamo mai al pessimismo, a quell'amarezza che il diavolo ci offre ogni giorno. La verità cristiana è attraente e persuasiva perché risponde al bisogno profondo dell'esistenza umana. Forza! - ha spronato il cardinali -. La metà di noi siamo in età avanzata: la vecchiaia è, mi piace dirlo così, la sede della sapienza della vita, il tempo della tranquillità e della preghiera. Doniamo questa sapienza ai giovani: come il buon vino, che con gli anni diventa più buono».
Non è mancato un commosso pensiero a Benedetto XVI che ha «arricchito e rinvigorito la Chiesa con la sua fede, la sua umiltà e mitezza che rimarranno un patrimonio spirituale per tutti. Benedetto XVI ha acceso nel profondo dei nostri cuori una fiamma: essa continuerà ad ardere perché sarà alimentata dalla sua preghiera». Ha salutato e benedetto semplicemente tutti «con questi sentimenti», una formula di rito, ma Francesco ha aggiunto: «Sono veri!».
Nessuna novità, invece, sul fronte curiale. Papa Bergoglio ha preso in mano i dossier senza però nominare i capi di dicastero. Otto anni fa a Ratzinger erano bastate 48 ore per confermare gli incarichi «donec aliter provideatur», cioè provvisoriamente. Ora Francesco prende tempo. «Ma non vuol dire che gli incarichi debbano tardare molto», dice il portavoce vaticano.

E la sostituzione del segretario di Stato Tarcisio Bertone potrebbe essere molto vicina.

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