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I terremotati votano Pd e i grillini infuriati vogliono i soldi indietro

La storia narrata da l'Intraprendente: Mirandola incassa 425mila euro di rimborsi M5S, il movimento prende l'11% e scatta il vaffa agli "ingrati"

I terremotati votano Pd e i grillini infuriati vogliono i soldi indietro

Esiste - e si sa - il voto di scambio, quello che qualcuno ha voluto vedere in trasparenza anche nel successo elettorale di Matteo Renzi dopo l'elargizione urbi et orbi degli 80 euro in busta paga. Ma da domenica esiste anche il voto ingrato, quello in cui il do ut des non si perfeziona per l'ira dei trombati, che minacciano di riprendersi i soldi con cui avevano sperato di ottenere qualche crocetta in più sulla scheda.
È una storia esemplare quella raccontata dal giornale online L'Intraprendente (www.lintraprendente.it) e che ha come teatro Mirandola, cittadina del Modenese nota per aver dato i natali a Pico, umanista quattrocentesco reso leggendario dalla prodigiosa memoria; proprio quella di cui i suoi pronipoti sembrano carenti, almeno secondo il giudizio del M5S.
Due anni fa esatti, il 29 maggio 2012, Mirandola fu tra le città più colpite dal disastroso terremoto, che qui causò quattro morti, il danneggiamento del Duomo, delle tante industrie del biomedicale e di molte abitazioni. Oggi 2500 mirandolesi, il 10 per cento della popolazione, sono ancora costretti a vivere lontani da casa. Tra coloro che si sono mobilitati per Mirandola ci sono Beppe Grillo e il suo MoVimento, che ha devoluto al comune emiliano 425mila euro provenienti dai fondi non utilizzati per la campagna elettorale del 2013: i primi 350mila euro sono stati consegnati l'anno scorso, i restanti 75.519 il 10 maggio scorso, quando lo stesso Grillo, prima della tappa bolognese del suo tour, fece una strategica sosta a Mirandola per staccare l'assegno destinato a una nuova palestra.
Fin qui la parte bella della storia. Domenica scorsa, in occasione del voto, inizia il capitolo hardcore. A Mirandola si vota, oltre che per le Europee, anche per il rinnovo del consiglio comunale, e i grillini si aspettano un bel risultato come atto di gratitudine per l'elargizione a cinque stelle (e a cinque zeri). E invece nisba: si riconferma al primo turno il sindaco Pd Maino Benatti con il 61,6 per cento dei voti; il candidato del M5S, Nunzio Tinchelli, si ferma all'11,8, staccato anche da Antonio Platis del centrodestra (17,4).
Delusione. Beffa. Disastro. I grillini - che vantano la loro diversità antropologica rispetto ai politicanti vecchio stile - reagiscono con un riflesso pavloviano che a questi ultimi li accomuna inesorabilmente: ridateci i soldi. I social network si infiammano: «Per carità, noi non volevamo nulla in cambio. Semplicemente perché non siamo come gli altri che vivono di voto di scambio. Ma un esame di coscienza, forse, i cittadini di Mirandola dovrebbero farselo», posta con non troppa coerenza ma ancora con un certo stile una pentastellata. Poi piove di tutto. Volgarità: «Non meritano niente. Che vadano aff...». Discriminazione territoriale: «In Abruzzo il M5S è andato fortissimo. Non capisco perché in Emilia no». Pentimento: «Manco un sms da due euro più a nessuno». Veleno: «Meritano di rimanere con le macerie per parecchio tempo. Str...». Odio: «Se è stato colpito dal sisma un motivo c'è». I più pratici propongono la restituzione del «maldato» e fanno il pieno di like: «Meglio se li spendevamo a mignotte», scrive uno. «Io se fossi Grillo adesso col c... che gli darei i soldi ai mirandolesi e gli direi di andare da Renzi e Berlusconi a vedere se la palestra la costruiscono loro», fa un altro.
Una morale? I grillini non sono poi così diversi dagli altri politici.

O forse sì: sul voto di scambio, come in tante altre cose, devono far pratica.

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