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I veri eroi dell'Isola? Seimila abitanti abbandonati dallo Stato

Sono spesso loro a vestire e sfamare i migranti che si ritrovano a Lampedusa. E come l'altro giorno, i pescatori prendono il mare per aiutare i soccorritori

I veri eroi dell'Isola? Seimila abitanti abbandonati dallo Stato

Lampedusa - Saracinesche rigorosamente abbassate, i volti un po' impietriti, addolorati certo ma anche stufi, angosciati quasi insofferenti. Il vento forte di scirocco ieri ha portato le nubi e agitato il mare. Così i molti turisti che affollano questo scoglio d'Italia dal clima africano, si sparpagliano tra la passeggiatina e le spiagge. Aperti ieri c'erano solo alcuni bar, ristoranti e panetterie, ma nell'aria nemmeno un suono, se non quello delle radio e tv che raccontano ancora del disastro

«Se meritiamo il Premio Nobel per la Pace? - la domanda quasi retorica di Adriano Argento, panettiere da decenni -. Noi abitanti lampedusani ci siamo sempre prodigati per le migliaia di immigrati che arrivano lungo le nostre coste. Lo facciamo per spirito umanitario, fin dal 1991 data del primo sbarco sull'Isola. Questi poveri disgraziati attendono giorni e giorni all'interno del Cie prima di essere trasferiti. Ma naturalmente molti escono dalla struttura e girano per il centro di Lampedusa. Ne sono venuti migliaia a chiedere un tozzo di pane, una pizza. Non mi sono mai tirato indietro. I soldi vanno e vengono come diciamo dalle nostre parti, ma nessuno deve patire la fame. Ho sempre dato a tutti qualcosa anche se molti di loro hanno dei soldi in tasca». «Spesso e volentieri- continua Argento-, soprattutto d'estate, vado a prendere il caffè in un bar di via Roma (il salotto cittadino), prima di comprare il pane. Noto sempre qualche gruppetto di stranieri che con gli occhi tristi e con un pizzico di vergogna ti chiedono di offrirgli il caffè oppure un pasticcino. Ieri è stata una delle giornate più brutte della nostra Isola. Sono andato al porto per portare da mangiare ai sopravvissuti, non ho mai visto occhi così terrorizzati».

Anche Daniele Vitale, proprietario del «Cafè Royal», si prodiga a favore degli immigrati. «Dicono che sono clandestini, e forse è anche vero - esordisce -, ma sono persone. Hanno avuto soltanto il torto di nascere e crescere in Paesi dove ci sono guerre, dove si patisce la fame. Questa gente va aiutata, ma naturalmente non possiamo farlo solto noi lampedusani». Non c'è pietismo bavoso in queste parole.

Ma c'è l'altra faccia della medaglia. Sbarchi, morti, fughe dal Centro d'accoglienza hanno messo più volte in difficoltà il settore del turismo. Che poi rappresenta la vita dell'Isola. Eppure nonostante gli arrivi selvaggi e troppo spesso i drammi, come è successo giovedì più di un pescatore è salpato per aiutare i soccorritori. Certo poi rischiano denunce per favoreggiamento dell'immigrazione, gli eventuali danni se li devono pagare da soli.

«Qui c'è una grave crisi, ancora più nera di quella che si registra nel resto d'Italia, tuttavia non possiamo negare aiuto a questi nostri fratelli», racconta uno del paese. «Ma ci sentiamo abbandonati dalle istituzioni. A noi non pensa nessuno». «Sono entrati più volte nel mio negozio - racconta Giovanni Maggiore che gestisce una gioielleria in via Roma - a chiedere qualche spicciolo per mangiare. Da sempre sono contrario a dare soldi, però dico sempre andiamo al bar che vi offro qualcosa da mettere sotto i denti. Più volte ho donato loro alcune camicie e pantaloni. Alcuni di loro non hanno nemmeno l'intimo». Mentre da un lato dell'Isola c'è la morte e il silenzio, dall'altro lato c'è il boom del turismo. Ancora oggi sono tantissimi, soprattutto i milanesi, che si stanno godendo la vacanza approfittando anche delle alte temperature. «La stagione è stata buona», dice Antonio Martello che ha il polso della situazione turistica perché oltre ad essere presidente del consorzio albergatori ha un hotel, un'agenzia che si occupa di viaggi, diving e attività marinare.

Gli hotel al momento registrano il tutto esaurito.

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