Cronache

Ikea, Gardaland e McDonald's Anche i simboli perdono i pezzi

I big dei mobili da montare, dei parchi divertimento e del fast food sono costretti a tagliare. Una manovra obbligata per sopravvivere

Ikea, Gardaland e McDonald's Anche i simboli perdono i pezzi

In fondo viviamo di simboli, ci rassicurano. Babbo Natale esiste ed è rosso Coca Cola, Marilyn Monroe incarna la pin-up e l'Italia sforna pizze tifando Ferrari. Piaccia o meno, per sopravvivere abbiamo bisogno di punti fermi, certezze apparentemente incrollabili da erigere, quando possibile, a esempi positivi. I guai, specie in economia, iniziano quando questi vengono meno. In queste ore a urlarci in faccia che la crisi no, non svanirà in una manciata di settimane, ci pensa lo sgretolarsi di tre simboli, di tre colossi dell'Occidente che avanza: Ikea, Gardaland e McDonald's.
I primi due minacciano tagli del personale, il terzo china il capo a un sensibile calo delle vendite e all'improvviso il fatto che i giganti si facciano un po' più piccoli sembra faccenda che riguarda anche te, perché se inizia a boccheggiare chi pareva tanto in alto da avere l'aria migliore significa che la situazione comincia a farsi brutta. L'Ikea piacentina, presa da un braccio di ferro con i Cobas che vorrebbero ri-discutere il contratto dei facchini, ha deciso di mettere sul piatto la sintesi d'efficienza svedese: «I picchetti riducono il lavoro? Siamo costretti a tagliare gli addetti», centosette per la precisione. E lo scricchiolare del «mobile-montatelo-te» precede di poco l'altro, assordante, rumore di un simbolo che s'infrange al suolo. Un simbolo funzionale, silenzioso, premuroso con l'ambiente. Lo stesso che ti fa risparmiare e dà lavoro incessantemente e che oggi annuncia che le cose potrebbero, a breve, cambiare.
La giostra economica schizza su e giù, l'impennare di Imu e spread causa nausee e crisi adrenaliniche, e le giostre di Gardaland rischiano di «scaricare» 63 dei loro 250 dipendenti. È così che il più grande parco di divertimenti nazionale racconta di essersi divertito meno, di questi tempi. «Avviato un confronto con le organizzazioni sindacali di categoria», dice la nota aziendale, perché «la difficile situazione economica italiana ha colpito inevitabilmente la gran parte delle attività economiche e produttive, comprese quelle del settore turistico, alberghiero e del tempo libero. Anche le attività di Gardaland hanno risentito di questo impatto negativo».
Poi viene il re degli hamburger ormai depresso, il Big Mac costretto ad annunciare che a ottobre ha registrato il primo calo delle vendite a livello mondiale che, scese dell'1,8%, scavano un solco profondo come la prima contrazione in quasi dieci anni. McDonald's dal 2003 non sperimentava il segno meno e la Borsa lo ha notato: il titolo dall'inizio dell'anno ha perso circa il 13%. Crisi e concorrenza, dicono. È che una serie di certezze son crollate trascinando con loro tre simboli, quelli che ora, vacillando, fanno guardare in modo diverso alle proteste anti-globalizzazione, ai berretti buffi dei dipendenti e alla praticità del legno masticato da designer. I simboli servono a raccontare delle storie ma soprattutto al lasciarsi andare alla convenzione, quella priva di affanno.

Come il Colosseo che sta lì, senza che nessun romano si sogni di verificare la cosa ogni mattina. I guai inizierebbero se pezzo a pezzo…

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