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Un incubo sul Quirinale: il Frankenstein della sinistra

Dal cattocomunista Prodi al giustizialista Caselli, ecco i candidati ideali del popolo anti Cav. Il risultato è un capo dello Stato da film dell'orrore

Un incubo sul Quirinale: il Frankenstein della sinistra

Non c'è niente da fare, le Italie sono due. Ed è ingiusto chiamarle di destra e di sinistra: c'è un sacco di gente orientata a sinistra che vota a destra perché non trova digeribile l'ex Pci comunque si chiami; e ci sono persone che si dicono di destra, ma che poi stanno dall'altra parte. Ciò che li distingue questi ultimi è l'omologazione garantita dai santi canali televisivi (3 e La7) e dai sacri giornali, indovinate quali. Viviamo ore di vigilia per l'elezione del successore di Napolitano e dunque siamo piombati nel gioco perverso dell'identi-quiz, o toto-Quirinale. Per il popolo conformista di sinistra, la scelta del candidato ideale è facile: c'è solo l'imbarazzo della scelta, basta sfogliare la rosa dei candidati del Movimento Cinque Stelle. Prendendo in prestito i loro pezzi possiamo costruire da soli il Frankenstein del Colle. Ricordate la leggenda? Si prendono un po' di corpi, ci si arma di un trinciapollo, ago e filo e si compone un individuo cucito come Frankenstein. I nomi sono noti e useremo quelli che generano incubi, ma anche l'orticaria.
Cominciamo dal più inquietante: Romano Prodi, l'uomo dalle carriere inspiegabili (sia detto senza offesa) mosso da una forza misteriosa che lo portava su, sempre più su. Fu l'uomo che, da presidente dell'Iri, vendette la Sme a Carlo De Benedetti evitando di avvertire il presidente del Consiglio Bettino Craxi. De Benedetti mi ha detto in un'intervista: «Prodi fece una cosa pazzesca e Craxi ebbe ragione a incazzarsi come una jena». Uno strano manager. Ma anche l'uomo della seduta spiritica in cui un piattino da tè, mosso dai fantasmi di don Sturzo e di La Pira, saltellava componendo la parola «Gradoli» mentre Aldo Moro era nelle mani dei suoi rapitori, che non chiamerò Brigate Rosse, perché furono in molti nella partita del rapimento, depistaggio e uccisione dell'uomo. Basta ricordare che Moro avrebbe dovuto essere eletto presidente della Repubblica per garantire il processo del compromesso storico inviso a Mosca e gradito a Washington (basta leggere i documenti originali della Cia, desecretati e pubblicati da Maurizio Molinari della Stampa) e che fu liquidato prima di poter compiere l'opera.
Io interrogai Prodi come presidente di una Commissione parlamentare d'inchiesta a proposito quel piattino semovente, e lui si strinse nelle spalle: «Confermo quanto ho già detto davanti all'autorità giudiziaria». Cioè confermò che il piattino si muoveva per propulsione fantasmatica. Io osservai: «Guardi che i piattini non si muovono da soli» e lui fece una faccia come dire «tanto non parlo» e non parlò. Prodi è senz'altro il peggior incubo. Era anche l'opinione di quel poveraccio di Alexander Litvinenko nell'intervista che io stesso ho messo sulla Rete, quando raccontava che secondo il generale Trofimov suo comandante (morto ammazzato) Prodi era considerato dai sovietici «our man», il nostro uomo. Qualcuno dirà: ma come? Prodi una spia? Ma no, semmai il sospetto che fosse un influente agente di influenza, hobby che non è nemmeno reato. A Litvinenko queste rivelazioni non portarono fortuna: gli fu subito offerto un tè al polonio e, come diceva Stalin, dove c'è uomo c'è problema, niente più uomo, niente più problema. Prodi merita dunque di prestare la propria testa al nostro mostro.
Altro incubo degli anticonformisti è Gian Carlo Caselli, un magistrato divo del fronte di sinistra perché incarna il sogno manettaro del giustizialismo e perché soddisfa i palati più esigenti quanto a retorica. Schieratissimo, il divo di Travaglio e del Fatto, non ha troppe sfumature ma una bella chioma. Dario Fo è un altro incubo. Io adoro Dario Fo attore e scrittore di testi in cui ha inventato un finto linguaggio padano rinascimentale e conosco a memoria tutto il suo primo Mistero Buffo. Ma l'uomo Dario Fo, star della sinistra simbolista e radical-fiabesca sembra preda sia della confusione politica nel mainstream del conformismo. Dario Fo fornisce al nostro mostro il corpaccione dinoccolato.
La chioma del mostro la rubiamo allo stesso Grillo, che una volta ci faceva molto ridere e oggi anche, se non fosse per quest'attacco di isteria urlatrice che lo ha travolto e che fa di lui un minaccioso invasato. Le sue idee sono almeno diecimila e fra esse ce ne sono anche di banalmente buone, mescolate a quelle banalmente idiote. Da lui preleviamo oltre ai capelli anche il lobo del cervello addestrato a creare invasati che hanno lo straordinario potere di sembrare cretini appena aprono bocca, motivo per cui Grillo vieta loro di andare in televisione.
Gino Strada è un altro protagonista del Grande Conformismo Italiano. Con la sua Emergency, oltre a fare il medico soccorrevole, ha incarnato e incarna l'avversione per l'Occidente e i suoi valori, mantenendo eccellenti rapporti con dittatori discutibili. Essendo uno straordinario coltivatore dell'apparenza, piace da matti all'Italia conformista. C'è poi Gustavo Zagrebelsky, un giurista costituzionalista sempre tutto da una parte sola, scienziato stimato, ma polemista schieratissimo, organico, anelastico, un amminoacido del Dna di Repubblica. Da lui preleveremo la sola espressione, incerta e mesta, che non sembra portare fortuna. Fra i prescelti dai grillini ci sono poi Milena Gabanelli, Ferdinando Imposimato e Emma Bonino. Non credo che queste persone possano fornire pezzi utili al mostro. Certo, la Gabanelli è vissuta dagli anticonformisti come una giacobina che fa i processi in televisione.

Preoccupazione comprensibile, ma penso che questa giornalista abbia lavorato menando fendenti da tutte le parti. Ferdinando Imposimato, per come lo conosco, è un candidato eccellente: lui sa sui misteri della Repubblica moltissimo e potrebbe persino fungere da antidoto contro i conformisti, che certo non lo eleggeranno mai.

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