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Io, sindaco di Cortina mandato in esilio: pago per aver detto no al blitz del Fisco

Il primo cittadino e l'operazione dell'agenzia delle Entrate del Capodanno 2011: "Un'azione da Stato di polizia che ha umiliato un territorio virtuoso"

Io, sindaco di Cortina mandato in esilio: pago per aver detto no al blitz del Fisco

Andrea Franceschi, sindaco di Cortina d'Ampezzo, nel 2011 subì il celebre «blitz di Capodanno» dell'agenzia delle Entrate. Nel libro Un sindaco in esilio (Marsilio), di cui pubblichiamo ampi stralci, racconta quei giorni e la propria vicenda giudiziaria.

Facile immaginare che il 30 dicembre sia, per ogni località di alta montagna, una delle giornate più intense dell'anno. E fu proprio il 30 dicembre 2011 che ottanta membri dell'agenzia delle Entrate piombarono a Cortina per un'azione che io definii da Stato di polizia. Prima di tutto, mi preme sottolineare che Cortina d'Ampezzo non è un territorio in lotta con la legge come è stato dipinto da qualcuno. Anzi, è un territorio (...) virtuoso, come la stessa agenzia delle Entrate avrebbe potuto testimoniare se avesse pubblicizzato gli esiti del blitz con la stessa veemenza e aggressività con le quali si era impegnata a sbandierarne ai quattro venti l'esecuzione.
Lo dico perché è bene si sappia che su oltre mille partite Iva gli ispettori dell'agenzia ne individuarono trentacinque definite «le più a rischio», tra le quali solo una manciata risultarono poi essere effettivamente anomale. Un risultato assolutamente fisiologico, che non avrebbe, però, giustificato lo spiegamento di forze, l'approccio terroristico e i danni d'immagine che fecero scappare molti clienti da Cortina (...) che mal sopportavano di venire in vacanza solo per essere circondati da agenti in borghese e posti di blocco che ti facevano rovesciare il contenuto della spesa nel bagagliaio.
La verità, ovviamente, non venne mai a galla ufficialmente, perché ufficialmente non si poteva ammettere che il vero fine del raid non era combattere l'evasione, ma mandare un segnale. Un segnale di guerra rivolto dal governo Monti al suo stesso paese, da lì a poco chiamato a un salasso generale dal quale non sarebbero, però, stati esclusi quelli con il Suv. Anzi, dimostrare che «i primi a pagare saranno i ricchi» fu la ragione alla base del raid: un'operazione solo e unicamente mediatica (...).
Molto avevamo investito per far conoscere la vera Cortina, legata alla montagna, alla cultura e allo sport. Ora il blitz dell'agenzia ci aveva dipinti come la Gomorra delle Dolomiti: così titolò uno dei principali quotidiani italiani. Fu una vera violenza e fu molto triste pensare che a infliggere questo colpo gravissimo a un territorio produttivo e onesto fosse stato proprio l'intervento dello Stato italiano. (...) Cortina fu vittima, non colpevole, e io avevo non solo il diritto, ma anche il dovere di difenderla con forza e coraggio.
Il calvario della giustizia: la Procura della Repubblica di Belluno dà credito alle accuse di una dipendente scontenta e un intero paese viene investito dalla bufera. Ho passato ventun giorni agli arresti domiciliari, oggi ho il divieto assoluto di mettere piede nel territorio di Cortina e affronto un lungo processo. Il 22 maggio 2012 oltre venti uomini della Guardia di finanza arrivano da Belluno all'alba. Suonano a casa e, poi, iniziano la perquisizione. Stessa scena in Comune. L'impianto accusatorio parte dalle dichiarazioni di una dipendente comunale scontenta, Emilia Tosi (...) Viene sentito dai magistrati anche l'ex comandante dei vigili urbani Nicola Salvato, in qualità di parte lesa, perché, nelle intercettazioni durate per ben sei mesi, sarebbe stato vittima di pressioni da parte mia e di alcuni assessori affinché smettesse di tartassare i cittadini con multe e autovelox. (...) Ad aprile 2013 la svolta. Il 24 del mese mi vengono notificati gli arresti domiciliari. L'accusa è di abuso d'ufficio, turbativa d'asta e violenza privata relativamente all'assegnazione del servizio di monitoraggio della raccolta dei rifiuti.
Da notare che la stessa Procura riconosce che dai miei comportamenti non ho tratto alcun beneficio personale (...) I domiciliari rappresentano, per me, un colpo fortissimo. Visto che secondo l'accusa ho debordato nel mio ruolo di sindaco, era probabile che, prima o poi, lo facessi ancora. E quindi mi è stata data una limitazione della libertà personale molto più pesante, per ottenere lo stesso risultato: impedirmi di continuare a fare il sindaco. Il tutto con il messaggio, neppure troppo implicito: «Se ti dimetti, torni libero».

Ma, anche se questa sarebbe la scelta più comoda, non lo farò.

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