Politica

Il j'accuse di Quagliariello fa litigare falchi e colombe

"Molti lavorano contro il governo Letta", attacca il ministro. E nel Pdl riaffiorano le ruggini tra fronte moderato e ala dura

Il senatore Gaetano Quagliariello
Il senatore Gaetano Quagliariello

Roma - La «colomba» Gaetano Quagliariello improvvisamente tira fuori artigli da aquila e lancia il suo personale j'accuse. «Domenica scorsa era pronta un'operazione per decretare la fine del governo Letta. Un'operazione che non è andata a buon fine» rivela il ministro delle Riforme in una doppia intervista a Corriere e Messaggero. «Ci sono tante persone nel centrosinistra ma anche nel centrodestra, che non amano questo governo. E che aspettano un nostro passo falso per farlo cadere. Nella giornata di domenica, dopo la manifestazione del Pdl condotta in modo impeccabile e dopo il discorso altrettanto impeccabile di Berlusconi, le aspettative dei signori di cui sopra sono andate deluse. E, leggendo alcune dichiarazioni, la loro delusione traspariva con nettezza».
Il pericolo, per Quagliariello, ancora non è sventato. «C'è il rischio che il tessuto connettivo del sistema politico si sbraghi ulteriormente», avverte «e c'è il rischio che il governo, che in questo momento rappresenta una barriera rispetto al caos politico-economico e istituzionale, non regga». «La tentazione di sfruttare la sentenza per sbarazzarsi in un colpo solo di Berlusconi e del centrodestra a sinistra può ancora prevalere. Si tratterebbe di un'illusione. Ma anche le illusioni, a volte, possono far male». Per questo «serve un atto di pacificazione e per i nostri meccanismi istituzionali non può che farlo il Colle».
La sortita di Quagliariello non passa, ovviamente, inosservata dentro il partito. Di parole ufficiali ne vengono pronunciate con il contagocce. Ma il solco che divide falchi e colombe sembra approfondirsi e le posizioni appaiono sempre meno conciliabili. Chi cerca di prendere ago e filo e tessere la trama del dialogo interno è Sandro Bondi. «L'intervista del ministro Quagliariello mi consente di sottolineare che tutti nel Pdl, salvo legittime opinioni personali, sono convinti sostenitori del governo Letta, e, nello stesso tempo, si augurano che si possa trovare una soluzione che rispetti la nostra storia, una realtà politica onorevole e rispettabile, che è inscindibile dalla figura politica e umana di Silvio Berlusconi». Per il resto cala il silenzio, a parte Roberto Formigoni che con un tweet si limita a sancire l'inevitabilità dell'esecutivo delle larghe intese. «100 giorni di governo Letta-Alfano: luci e ombre. Ma se non ci fosse più, solo disastri».
In realtà dentro il partito, soprattutto nell'ala dura, il termometro degli umori interni non è certo attestato su un clima temperato. Anzi si avvicina al punto di ebollizione. Magari si evita di soffiare apertamente sul fuoco ma le voci, le interpretazioni e le previsioni sul possibile «salto del quagliariello» sono tornate a circolare. «È curioso che abbia pronunciato queste parole. Se vuole svelenire il clima e far durare il governo Letta che bisogno c'era di fare queste uscite?» si chiede un senatore azzurro. E c'è anche chi legge la doppia intervista come una preventiva scelta di campo in caso di scoppio della guerra. Qualcuno fa notare che non era esattamente il momento migliore in cui pubblicare la fotografia delle divisioni interne, visto che ci si appresta ad affrontare il primo corpo a corpo politico in Giunta delle elezioni dove di sicuro verrà sollevata l'eccezione di incandidabilità per Silvio Berlusconi.
Domenica scorsa, insomma, sembra si sia davvero consumato uno strappo virtuale, con il battesimo e la rinascita di Forza Italia. E non soltanto attraverso il messaggio visivo e sonoro trasmesso dalla folla, con la presenza pressoché esclusiva delle bandiere e degli inni della prima creatura berlusconiana. Ma anche attraverso gli effetti politici di quella convocazione popolare che ha reso plastica la divisione tra il cerchio magico berlusconiano e la dirigenza del Pdl schierata su posizioni filo-governative. Una contrapposizione che vede da una parte le colombe sempre più convinte che i falchi coltivino la strategia del «tanto peggio, tanto meglio» per conquistare quote di potere interno, a discapito degli interessi del leader. E dall'altra i falchi schierati sulle barricate per impedire alle colombe di portare a compimento il progetto del dicembre 2012 di Italia Popolare. Ovvero il tentativo di defenestrare Berlusconi, archiviare il bipolarismo e mettere in campo un progetto neocentristra. Ruggini tra sensibilità diverse che finora si sono sempre ricomposte evitando di fare inceppare il motore azzurro.

Ma che di fronte allo scontro finale rischiano di deflagrare.

Commenti