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Dal Jobs Act al pensionamento politico: il percorso di Giuliano Poletti

Ministro del Lavoro per quattro anni e mezzo, l'ex esponente dei governi Renzi e Gentiloni ora si gode la pensione. Ma con un piccolo ruolo politico in più

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Con il record di durata come ministro del Lavoro, l'assenza (più o meno forzata) di Giuliano Poletti dalla politica attiva nell'ultimo quinquiennio appare rumorosa. Quasi quattro anni e mezzo al comando del dicastero delle Politiche Sociali, con i governi presieduti da Matteo Renzi e Paolo Gentiloni sono stati caratterizzati da aspri scontri con l'opposizione e qualche gaffe di troppo. Dopo le elezioni politiche del 2018, Poletti non si è più visto vicino ai palazzi istituzionali. A quasi 72 anni, che fine ha fatto?

Giuliano Poletti nasce a Spazzate Sassatelli (una frazione di Imola), in una famiglia di contadini. Iscritto al Partito Comunista Italiano, è stato assessore comunale all'Agricoltura e alle Attività Produttive di Imola dal 1976 al 1979. Poi, una serie di incarichi politici sempre con il Pci e con i movimenti affini nati dopo la sua dissoluzione. Dal 1982 al 1989 ne è segretario imolese, dopo di che entra nel Consiglio della Provincia di Bologna per il Pds. Iscritto dal 2007 al Partito Democratico, dove tuttora milita, è soprattutto con la Legacoop che intreccia un lungo legame: prima ne è presidente della sezione di Imola, poi presidente di quella dell'Emilia-Romagna e numero uno a livello nazionale. Nel febbraio 2013 diventa responsabile anche dell'Alleanza delle Cooperative Italiane, ma è costretto ad abbandonare questo ruolo un anno più tardi: Renzi lo chiama per ricoprire l'incarico di ministro del Lavoro.

Le riforme e le polemiche scaturite da Poletti

Durante i mille giorni dell'esecutivo guidato dall'ex sindaco di Firenze, Poletti dà via alla riforma del mercato del lavoro, chiamata Jobs Act, che modifica radicalmente la tipologia dei contratti esistenti introducendo il cosiddetto contratto a tutele crescenti e abolendo l'articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori sugli ingiusti licenziamenti. Sotto la sua responsabilità ministeriali, sono stati anche approvati il ddl sul lavoro autonomo non imprenditoriale e lavoro agile, la riforma del terzo settore, l'introduzione del reddito di inclusione e l'Ape volontaria (anticipo finanziario a garanzia pensionistica). Un paio di scivoloni gli costano la popolarità, soprattutto nell'ultimissimo periodo del suo dicastero. Un giorno disse: "Conosco gente che è andata via e che è bene che stia dove è andata, perché sicuramente questo Paese non soffrirà a non averli più fra i piedi". Qualche mese dopo si lascia sfuggire una frase informale con degli studenti di una scuola di Bologna, ai quali comunica che nel mondo del lavoro si creano più opportunità giocando a calcetto che spedendo curriculum.

Il primo giugno 2018 cede ufficialmente il testimone a Luigi Di Maio, che s'insedierà al Ministero del Lavoro con la nascita del governo Conte 1. Per più di tre anni non si hanno tracce di lui. Nel luglio 2021, invece, ecco un piccolo "colpo di scena": Giuliano Poletti viene infatti eletto segretario del circolo Pd del suo paese, Bubano, 1.300 abitanti nel Comune di Mordano (Bologna), alle porte di Imola. Certo, non è esattamente un incarico paragonabile a quelli collezionati nella sua carriera, ma l'ex ministro si dimostra comunque soddisfatto per quello che sta facendo adesso: "Faccio il nonno. E sono soddisfatto della mia condizione. La passione per la politica e per il lavoro nella comunità l'ho sempre avuto, anche quando le responsabilità e gli incarichi erano altri - aveva dichiarato in un'intervista al Resto del Carlino -. Dare una mano nei luoghi in cui si costruisce la propria vita, rendendosi utili, è naturale. In democrazia c'è bisogno di fare, di essere partecipi di processi più ampi.

Non si può solo guardare la tv e allargare le braccia quando qualcosa non ci piace".

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