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«L’Italia? Paese a libertà limitata per lo strapotere dei magistrati»

«L’Italia? Paese a libertà limitata per lo strapotere dei magistrati»

«Il politico in democrazia non è tenuto a essere morale, ma a mantenere un buon livello di ipocrisia». Il copyright è di Edward Luttwak, l’analista statunitense di fama mondiale. In privato il politico può fare ciò che vuole, purché pubblicamente mostri sacro rispetto per convenzioni e regole sociali. Forse per questo a un certo punto l’arrivo di Monti è stato un passaggio ineludibile. Tutto bene, dunque? Non proprio.
Dottor Luttwak, il governo Monti sta lavorando bene?
«Il governo Monti ha salvato l’Italia da uno sfacelo alla greca, lo dicono i numeri. Ha restaurato l’affidabilità dei titoli di Stato italiani».
Perché l’Italia è così poco competitiva?
«L’Italia è piena di costi imposti da caste, mafie e mafiette, organizzazioni che usano un potere extraeconomico per controllare spazi dell’economia. Si tratta di veri e propri feudi. Faccio un esempio. Se hai bisogno di un avvocato a Washington non paghi per intentare una causa civile, gli avvocati lavorano a percentuale e se falliscono non prendono un centesimo. E poi c’è la questione fiscale: il Parlamento italiano ha permesso al governo Monti di esistere e di imporre le tasse più alte del mondo ma non di riformare il sistema per poter pagare quelle tasse».
Come si fa a far pagare le tasse ai cittadini?
«È fondamentale avere regole chiare con sanzioni certe. Negli Stati Uniti moltissime spese sono detraibili. In caso di accertata evasione però c’è il carcere. I processi sono rapidissimi e una piccola frode può costare diversi anni di carcere».
Forse in Italia è relativamente più «facile» finire dietro le sbarre. Il 43% dei detenuti sono in carcerazione preventiva.
«In America è impensabile. Per andare in galera devi essere condannato. L’idea che la procura possa prelevarti dalla strada e metterti dietro le sbarre è inaudita. Il problema è “chi” sta in carcere: perlopiù persone non condannate in attesa di giudizio».
Che ruolo giocano i magistrati in questo quadro?
«I magistrati che come nel caso Ruby ammettono in un processo oltre duecento testimoni sono complici di un sistema criminale. Una giustizia negata così a lungo non è giustizia».
A quali casi si riferisce?
«Penso per esempio ai sismologi de l’Aquila accusati di omicidio colposo, ovvero di non aver predetto il terremoto. È il segnale di un totale impazzimento del sistema giustizia. Al posto di quei sismologi io mi presenterei in aula con dei costumi da pagliaccio da portare in dono ai magistrati. Penso anche alla vicenda di Calogero Mannino tenuto sotto torchio per diciotto anni fin quando la Cassazione - i cui giudici sono pagati il doppio dei nostri giudici della Corte Suprema - lo assolve, ma adesso la procura di Palermo lo accusa di nuovo. Questa è persecuzione giudiziaria. Anche il caso Dell’Utri rientra in questa analisi».
Quali sono gli effetti del dissesto della giustizia sul sistema Italia?
«Gli episodi cui ho accennato procurano il disprezzo e il ridicolo di tutto il mondo, sembra incredibile che il denaro pubblico italiano possa essere impiegato in questo modo. Una giustizia così lenta, inefficiente e ingarbugliata è il grande ostacolo all’investimento estero. Giudici, procuratori e avvocati sono tutti impegnati in una congiura contro la giustizia».
Come incide questo sulla qualità della democrazia italiana?
«La democrazia ha due gambe: una molto esile, le elezioni, e poi una molto forte che sono i diritti. In Italia a causa dei comportamento dei magistrati c’è pochissima libertà individuale. La libertà dei cittadini è alla mercé di una casta autogovernante, fondamentalmente anarchica. Giudici che rimandano una causa di un anno, la procura che decide di perseguitare una persona per mera antipatia. I magistrati italiani sono ben al di sotto del livello europeo, più in linea con i colleghi dei Paesi arabi».
È pensabile in America che un parlamentare nel corso del suo mandato sia arrestato per reati non di sangue e tenuto dietro le sbarre per oltre tre mesi? In Italia come sa è accaduto all’onorevole Alfonso Papa.
«Non conosco il caso di Alfonso Papa, ma questo sembra rientrare nella consuetudine di arrestare gente senza prove forti perché non c’è responsabilità. I magistrati italiani non rispondono a nessuno. La politica è in balía dell’iniziativa di qualche procuratore in cerca di notorietà. In America il district attorney, se fa arrestare uno senza prove, alle successive elezioni non viene rieletto. Le racconto quello che è capitato a me in Italia. Sono stato intercettato in via indiretta. Il mio nome è finito su alcuni giornali, non c’era nulla di cui mi sarei vergognato ma comunque la mia privacy è stata violata senza che neppure un procuratore abbia aperto un fascicolo sull’accaduto. Voglio dire, c’è un magistrato che ha violato il segreto d’ufficio e nessuno si scompone».
Eppure in teoria vige il principio dell’obbligatorietà dell’azione penale.
«Sembra che in Italia la magistratura funzioni come una casta: i magistrati si proteggono a vicenda indipendentemente dalla giustizia. In America e in Inghilterra, credo persino in Birmania, rivelare il segreto d’ufficio è ostruzione alla giustizia, per cui le pene sono fortissime».
Sarà il governo Monti a riformare la giustizia?
«Dubito fortemente. Il Parlamento lo ha già bloccato su materie meno controverse».
Perché i partiti in Parlamento non mettono mano alla riforma della giustizia?
«La giustizia è un’urgenza. Quando non c’è risposta a un’urgenza, è ovvio che la ragione è che i politici hanno paura di agire collettivamente».


Una classe politica sotto ricatto?
«Esattamente».

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