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L'aumento Mps slitta a giugno. La Fondazione batte Profumo

L'assemblea dei soci si schiera con l'ente. Il banchiere: "Così pagano i contribuenti". E ora potrebbe impugnare la decisione

L'aumento Mps slitta a giugno. La Fondazione batte Profumo

nostro inviato a Siena

Antonella Mansi trionfa anche se si è affrettata a sottolineare che «non c'è stato nessun vincitore». Alessandro Profumo perde. Lo scontro tra i due protagonisti della battaglia assembleare di Siena, il presidente di Mps e la numero uno della Fondazione controllante si è concluso secondo le previsioni della vigilia.

La proposta del cda dell'istituto - via alla ricapitalizzazione da 3 miliardi a gennaio - è stata bocciata con il 69,069% dei voti contrari. Considerato che all'assise ha partecipato poco meno della metà del capitale (49,3%), il voto negativo del 33,5% (che in assemblea ha pesato per il 67,9% dei voti) dell'ente è risultato determinante. Gli altri soci rilevanti (la famiglia Aleotti, Axa, JpMorgan, Unicoop Firenze) nella prima votazione si sono schierati con il management, mentre nella seconda (per garantire comunque il buon esito) sono stati con la Fondazione che, con l'82% dei consensi, ha rinviato l'aumento a una data successiva al 12 maggio.

L'epilogo, come detto, era noto sin da ieri mattina. Antonella Mansi, contrariamente alle consuetudini, ha tenuto il proprio intervento nelle prime battute dell'assemblea. «Non potete chiederci di far crollare l'edificio che ci è stato affidato dalla legge», ha dichiarato sostenendo che la tesi del giurista Piergaetano Marchetti, secondo cui la Fondazione (che vedrebbe la partecipazione ultradiluita dall'aumento cui non può partecipare a causa dei debiti) agisce in conflitto di interessi, pensando alla propria sopravvivenza e non al bene della banca. Una notazione che è stata sottolineata dagli applausi della maggioranza dei partecipanti tra i quali il sindaco di Siena, Bruno Valentini.

Ma quali saranno le conseguenze? Un visibilmente deluso Profumo le ha spiegate con dovizia di particolari. «Da domani entriamo in un campo di incertezza», ha detto aggiungendo che il consorzio di garanzia dell'aumento «dovrà essere ricreato», magari a condizioni peggiori e soprattutto in condizioni di mercato ignote. Senza tener conto che il costo di 120 milioni per ingaggiare le banche sponsor «resterà sulle spalle degli azionisti». Inoltre nel primo semestre dell'anno prossimo in Europa «ci saranno una decina di aumenti dei quali due in Italia: chi arriva prima otterrà le condizioni migliori». E poi ci saranno gli stress test della Bce che potrebbero rendere lo scenario ulteriormente negativo.

La Fondazione, ha aggiunto, ha preso una decisione «in linea con il passato», quando si indebitò per mantenere il controllo (anche politico; ndr) della banca. «Io ho in testa una banca che ha 3 miliardi di capitale aggiuntivi, perché ne dobbiamo restituire 4 ai contribuenti italiani», ha concluso riferendosi al prestito ottenuto con i Monti-bond. Poi la stoccata finale. «Senza 3 miliardi la banca sparisce da Siena, non mi interessa da dove arrivino i capitali», ha chiosato riferendosi alle polemiche del sindaco e della Confindustria locale ostili a interventi stranieri, dopo averli più volte caldeggiati.

Sulle eventuali dimissioni come conseguenza naturale della bocciatura assembleare né il presidente di Mps né l'amministratore delegato Fabrizio Viola (che più volte ha ricordato come i risultati della banca siano stati drogati da operazioni poco trasparenti) si sono sbilanciati. «Le decisioni si assumono nei posti deputati e a sangue freddo. Avremo un cda a gennaio e lì valuteremo cosa fare», ha tagliato corto Profumo.

Cui, prima dell'abdicazione, resta un ultimo asso nella manica: aggrapparsi al parere del professor Marchetti e impugnare la delibera assembleare, perché contraria agli interessi del Monte dei Paschi.

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