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L'autunno caldo di Elly. Via alla mobilitazione su lavoro e antifascismo

Lotta a estrema destra, Jobs act e "Bossi-Fini". Lo slogan: "Stagione di partecipazione"

L'autunno caldo di Elly. Via alla mobilitazione su lavoro e antifascismo

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Preparatevi: dopo l’«estate militante» arriva un «autunno di grande partecipazione».

Lo annuncia la segretaria del Pd Elly Schlein (foto), che inizia a dettare l’agenda di una stagione - nei suoi auspici - assai più bollente dell’agosto passato tra ombrelloni, schitarrate a qualche festa dell’Unità e riposanti raccolte di firme online sul salario minimo. É una decisa sterzata verso il populismo di sinistra, da cui traspare un chiaro intento: bruciare definitivamente i ponti con la superstite identità riformista e di governo del Pd, saldare i legami con il grillismo di Giuseppe Conte e i mettersi a rimorchio dell’antagonismo della Cgil.
Approfittando delle difficoltà di una maggioranza alle prese con immigrazione record, economia in affanno e legge di bilancio in salita per alimentare la protesta sociale. Una vera e propria «corbynizzazione del Pd», come la definisce il capogruppo di Iv al Senato Enrico Borghi, recentemente • fuoriuscito dai dem. Così, Elly Schlein comincia a esporre le bandierine di un auspicato autunno rovente.

La prima e più clamorosa decisione è quella di allinearsi a Maurizio Landini: il Pd aderirà al referendum annunciato dal concitato capo sindacale per abrogare il Jobs Act: «Seguiremo la Cgil, perché condividiamo l’analisi dei problemi sulla precarizzazione del lavoro in Italia», dice Schlein, ammettendo la subordinazione. Solo che la riforma del lavoro renziana (che peraltro ha prodotto effetti positivi sull’occupazione) era una legge del Pd, sostenuta e votata da gran parte degli attuali esponenti del partito. E Matteo Renzi ha gioco facile a chiamarli in causa per nome e cognome: va bene Schlein, che ormai è «la sesta stella di M5s», ma «ho una domanda per chi il Jobs Act lo ha votato, da ministro o vicesegretario: vi state facendo un autoreferendum, cari Gentiloni, Madia, Franceschini, Delrio, Guerini, Serracchiani. Non sentite un brivido lungo la schiena?». La nostalgica svolta cofferatiana di Schlein riesce persino nel miracolo di mettere d’accordo lo stesso Renzi con Carlo Calenda, che bolla come «grave errore» la decisione.

Nel carnet della sinistra di piazza schleiniana c’è anche la promessa di «fare di tutto per cambiare la legge Bossi-Fini sull’immigrazione (ma in verità il braccio destro di Meloni, Alfredo Mantovano, ha annunciato da mesi l’intenzione di modificare una «legge arlecchino che ha fatto il suo tempo» e garantire un flusso di lavoratori immigrati regolari). Ma c’è anche il rilancio di un cavallo di battaglia risalente all’era renziana, guarda caso: «Porteremo nelle aule parlamentari la legge di iniziativa popolare contro il fascismo, chiedendone la calendarizzazione al più presto», promette Schlein. In realtà si tratta della pdl Fiano, sostenuta dal governo Renzi ma affondata in Parlamento (anche dai grillini, che la definirono «liberticida») nel 2017, che prevedeva da 6 mesi ai due anni di galera per chi «propaganda immagini o contenuti» nazifascisti.

Propaganda però già sanzionata dalla legge Scelba del 1952 e dalla legge Mancino del 1993.

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