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Ci risiamo, cura Di Bella imposta per sentenza

Ancora una volta le scelte sulla salute decise dai magistrati: "La terapia ufficiale è inefficace"

Ci risiamo, cura Di Bella imposta per sentenza

Medicina giudiziaria. Ancora una volta un giudice si sostituisce al medico, al servizio sanitario nazionale, al ministero della Salute e a tutti gli organismi scientifici ufficiali e impone ad una Asl di somministrare gratuitamente la terapia Di Bella ad una paziente che ne ha fatto richiesta. Non solo. Dato che la donna aveva già iniziato la terapia a sue spese il giudice ha anche stabilito che la Asl rimborsi 25.000 euro alla paziente.

Non è la prima volta e non sarà neppure l'ultima evidentemente visto che i casi di terapie bocciate dalla medicina ufficiale ma riproposte dai giudici si stanno moltiplicando e generano casi clamorosi come quello del Metodo Stamina. Proprio pochi giorni fa il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin aveva espresso il timore di vedere nascere nuovi casi simili, in riferimento alla clamorosa vicenda che vede protagonista Davide Vannoni ed il suo discusso metodo basato sulle infusioni di staminali. Questo sul metodo Di Bella però non è un caso nuovo ma nato addirittura a 16 anni fa. Una vicenda dai risvolti molto simili al caso Stamina: una terapia non riconosciuta dalla medicina ufficiale, un forte movimento dell'opinione pubblica nato in seno ad un gruppo di famiglie convinte dell'efficacia della terapia messa a punto da un ricercatore, Luigi Di Bella. Le vicende non sono completamente sovrapponibili visto che Di Bella, almeno, era un medico al contrario di Vannoni. Allora era ministro della Salute Rosi Bindi, che sotto la spinta dell'opinione pubblica decise di avviare la sperimentazione di quella terapia. Sperimentazione che si concluse con la bocciatura del Metodo Di Bella considerato inefficace. Ma la sentenza della medicina ufficiale non chiuse completamente la vicenda. In molti hanno continuato a credere nel metodo Di Bella portato avanti anche da suo figlio Giuseppe e dalla fondazione che ne porta il nome. Il figlio Giuseppe continua a difendere la terapia del padre e di recente uno studio clinico sul metodo è stato pubblicato sulla rivista Neuroendocrinology Letters. Nel corso di questi anni molti pazienti, quasi tutti in Puglia, si sono rivolti ai giudici per ottenere la cura Di Bella, ottenendo risposta positiva.

L'ultimo caso a Lecce dove un giudice del Tribunale del Lavoro, Francesca Costa, ha accolto il ricorso di una donna, affetta da una patologia oncologica, imponendo alla Asl di fornirle la cura a spese del servizio sanitario nazionale. Nella sentenza il giudice rileva come la «terapia ufficialmente riconosciuta sia stata inefficace nel caso della paziente» mentre la cura Di Bella avrebbe «prodotto oltre che notevoli benefici di tipo soggettivo anche un miglioramento obbiettivo e iconografico». Miglioramenti certificati, secondo il giudice ,sia sul piano clinico sia quello strumentale e sintomatico. «Atteso che dagli ultimi documenti emerge una situazione clinica in cui, accanto ad una progressione della malattia, sono evidenti riduzioni e addirittura la scomparsa di alcune lesioni con un miglioramento rispetto al periodo pre-trattamento che rende il trattamento stesso insostituibile», si legge fra l'altro nella sentenza.

Sono ancora moltissime le persone che nutrono speranza e fiducia nella terapia Di Bella tanto che all'assemblea regionale siciliana è stato presentato alla fine dello scorso anno un disegno di legge che prevede un finanziamento di 5 milioni di euro per garantire la cura Di Bella ai malati di tumore che ne fanno richiesta.

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