Politica

L'ex ministro Brunetta è pronto a far aprire un'inchiesta dalla Corte dei conti

La legge sulla trasparenza. La norma sulla pubblicità dei compensi. E ora anche un decreto legge che dal 1 gennaio scorso impone ancora una volta alla Rai di fare quel che finora non ha mai fatto: rendere noti i compensi delle star. L'ultimo testo parla chiaro: se la dirigenza Rai dovesse distrarsi un'altra volta rischierebbe grosso, un'inchiesta della Corte dei conti che potrebbe addebitare ai colletti bianchi di viale Mazzini i cachet delle stelle. E davanti al silenzio dei vertici Rai, l'onorevole Renato Brunetta si appresta a presentare un esposto alla magistratura contabile. «Se viale Mazzini non rispetta la legge - spiega al Giornale l'ex ministro della Funzione pubblica - allora sarò costretto a mettere in moto la Corte dei conti, perché calcoli i danni e ne chieda conto ai responsabili».
Parole dure a fronte di uno stallo che dura da sei anni. È dal 2007 che la Rai dovrebbe mettere on line i compensi di dipendenti e artisti. Ma i «gettoni» milionari dei volti famosi restano riservati. Blindati, come ha scritto il Giornale ieri, nei caveau della tv di Stato. E anche i compensi di Fabio Fazio e Luciana Littizzetto, presentatori dell'imminente Sanremo 2013, sono avvolti nel mistero, anche se si parla di 600mila euro per lui, 350mila per lei.
E però una sfilza di norme indica ormai un percorso chiaro: la Rai deve divulgare i compensi, altrimenti si espone al giudizio della magistratura contabile. Non ci sono se e non ci sono ma. La legge del dicembre 2007 valida per tutte le pubbliche amministrazioni, traccia la strada della «trasparenza»: c'è un tetto nel mondo del pubblico legato allo stipendio del primo presidente della Cassazione, ma lo si può superare per prestazioni artistiche o professionali svolte in particolari condizioni, insomma quando la concorrenza offre ingaggi milionari. Perfetto, però in questi casi ci vuole «l'indicazione nominativa dei destinatari e dell'ammontare del compenso, attraverso la pubblicazione sul sito web».
Non ci sono dubbi. Il decreto legislativo 150 del 2009 rafforza il concetto, perché parla della «trasparenza intesa come accessibilità totale». Potrebbe bastare, invece il Parlamento ha ratificato un terzo strumento legislativo, il decreto del 22 giugno 2012. Qui, finalmente, si fa riferimento alle sanzioni che scattano dal 1 gennaio 2013. Giusto in tempo per Sanremo. Il black out informativo comporta infatti «la diretta responsabilità amministrativa, patrimoniale e contabile per l'indebita concessione o attribuzione del beneficio economico».
C'è poco da fare. La Rai deve mettere on line gli ingaggi dei suoi divi. Altrimenti non dovrebbe pagarli. Ma se si ostina a non cambiare sistema, si espone alla controffensiva della Corte dei conti. È quel che dovrebbe succedere nei prossimi giorni. Brunetta si era rivolto per lettera alla presidente Anna Maria Tarantola ricordandole il gravissimo ritardo della tv di Stato che non si è mai adeguata alle norme. La Rai se l'è cavata, finora, sostenendo che la pubblicità la indebolirebbe davanti alla concorrenza di Mediaset, Sky e La7 che verrebbero a sapere i guadagni di personaggi contesi dalle diverse reti.

L'obiezione ha un suo fondamento, ma è altrettanto certo che le altre tv non incassano quell'obolo chiamato canone e in ogni caso la legge dovrebbe essere rispettata. Brunetta attende una risposta dal presidente, ma fa sapere che se il silenzio dovesse perdurare, si rivolgerà direttamente alla Corte dei conti. Il conto alla rovescia, non solo quello verso il Festival, è cominciato.

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