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L'ex ministro Spini: "Riforme bipartisan. Tutelare il Quirinale"

La stabilità craxiana, la Bicamerale D’Alema, il semipresidenzialismo, il “sindaco d’Italia” e la crisi della democrazia liberale: parla Valdo Spini

L'ex ministro Spini: "Riforme bipartisan. Tutelare il Quirinale"

Considerato uno dei massimi politici e intellettuali del socialismo italiano, Valdo Spini, già ministro della Repubblica, stimato da Norberto Bobbio, da quando era un giovane deputato a Roma ha portato avanti battaglie innovative su leggi elettorali, riforma dei finanziamenti ai partiti e alle istituzioni.

Professore, rivendica un po’ la paternità di una grande riforma istituzionale?

“Nella cosiddetta II Repubblica, certamente. Il 15 novembre 1995 presentai alla Camera, insieme ai deputati della Federazione Laburista, due proposte di legge n. 3400 e 3401 rispettivamente l’una costituzionale per l’elezione diretta del presidente della Repubblica in regime di semipresidenzialismo, e l’altra ordinaria ma “concatenata” per un sistema elettorale a collegio uninominale a doppio turno. Mi trovavo in quel periodo in grande sintonia con quanto veniva affermando Giovanni Sartori, che ero andato ad incontrare in un lunch alla Columbia University”.

La leadership craxiana fu un primo tentativo di premierato?

“Per la verità il Psi di Craxi non parlò affatto di premierato ma di elezione diretta del presidente della Repubblica. La proposta fu lanciata nel Seminario di Trevi del 1982. È vero che il governo Craxi (articolato in due ministeri) durò quasi quattro anni, costituì allora un record di durata e fu condotto all’insegna di quello che gli avversari chiamavano “decisionismo”. Ma questo fu dovuto alla grande abilità politica del segretario del Psi”.

La riforma avanzata dal Psi di Craxi non pensa che sarebbe stata difficilmente accolta da Pci e Dc, essendo il Psi un partito di governo con percentuali ‘ridotte’?

“Fu così infatti, tanto che Craxi più volte affermò che sul presidenzialismo i socialisti avrebbero fatto come quei cittadini di Cognac che lasciarono il loro vino ad invecchiare nelle botti. Di fatto Craxi non portò mai ad una verifica elettorale la sua proposta. L’ultima occasione fu quella dell’aprile 1991: invece di formare il governo Andreotti VII, Craxi avrebbe potuto andare alle elezioni anticipate proprio motivandole con la richiesta, di fatto respinta, di riforma costituzionale. A questo lo spingeva il Presidente della Repubblica Francesco Cossiga, che ne rimase molto deluso”.

L’accordo con Andreotti e Forlani (CAF) e l’invito ad “andare al mare”, segnarono la sconfitta del socialismo riformista?

“Se si fosse andati nel 1991 ad elezioni anticipate si sarebbe rinviato il referendum sulla preferenza unica, appunto quello che Craxi, non comprendendo l’impetuosa richiesta di cambiamento montante nell’opinione pubblica, invitò a disertare le urne andando al mare. Un invito che fu visto come segno di conservatorismo del sistema dei partiti di allora e che provocò la reazione esattamente opposta. E Craxi (col Psi) subì così una dura sconfitta che si riverberò nel deludente risultato delle politiche del 1992”.

Lei votò a favore di D’Alema presidente della Bicamerale nel 1997.

“Sì, ma non mi risulta che su questa nomina vi fossero particolari contrasti. Semmai il momento saliente della mia partecipazione alla bicamerale fu il voto sulle due forme di governo proposte in alternativa dal relatore Cesare Salvi. Tra premierato e semipresidenzialismo, coerentemente votai per il semipresidenzialismo che prevalse di misura. Sempre però affermando che questo avrebbe dovuto accoppiarsi ad un sistema elettorale uninominale di collegio a doppio turno”.

Intravede la possibilità di una medesima e trasversale dialettica politico-istituzionale su tale progetto?

“Sinceramente mi sembra che siamo piuttosto lontani da questa possibilità. E in proposito mi piace ricordare che ha sempre portato male cambiare la Costituzione a maggioranza a cominciare dalla modifica del titolo V per passare poi alle due riforme Berlusconi e Renzi. La modifica della Costituzione dovrebbe essere la tipica iniziativa bipartisan”.

Condivide la posizione della segretaria del Pd di porsi subito sull’ Aventino?

“Non mi sembra che Elly Schlein si sia posta sull’Aventino. La mia convinzione comunque è che si debba incalzare la maggioranza di centro-destra con proposte. Il tema delle riforme non va circoscritto alla stabilità dei governi ma ampliato al tema della partecipazione e dell’assenteismo che mi sembra drammaticamente riproposto anche dal turno delle amministrative parziali di domenica 14 maggio. E quest’ultimo aspetto riguarda in particolare la necessaria riforma della legge elettorale (ordinaria, non costituzionale) in modo da ripristinare il rapporto diretto tra parlamentari ed elettori”.

Lei poco tempo fa ha incontrato il ministro delle Riforme Casellati. Quali proposte ha avanzato?

“Ho affermato l’esigenza che le riforme siano coerenti e non i soliti pasticci all’italiana. Se si vuole rimanere nell’ambito del sistema parlamentare, si può adottare quello alla tedesca, cioè sbarramento del 5% e mozione di sfiducia costruttiva. Se si vuole passare all’elezione diretta del presidente della Repubblica, si può adottare il semipresidenzialismo alla francese, unito però al collegio uninominale a doppio turno per l’elezione dei parlamentari. Un presidenzialismo all’americana, in un’Italia refrattaria al bipartitismo, non mi sembra concepibile”.

Ritiene ancora attuale la sua proposta di semipresidenzialismo?

“C’è chi la ritiene superata alla luce delle difficoltà interne in cui si trova Macron. A mio parere l’errore in Francia è stato quello di ridurre la durata del mandato presidenziale da sette a cinque anni omogeneizzandolo a quello dell’Assemblea Nazionale. Il proposito era di evitare le coabitazioni (come quelle Mitterrand-Chirac e Chirac Jospin), in realtà il sistema precedente permetteva la stabilità (presidente eletto per sette anni) ma anche una certa flessibilità. Se fosse cambiata l’opinione dell’elettorato, si sarebbe potuto dare luogo – come in effetti avvenne- ad una diversa maggioranza di governo anche durante il mandato del Presidente della repubblica”.

Perché è contrario al “sindaco d’Italia”, forma più comune per dire premierato?

“Ho scritto un libro Sul colle più alto che dimostra come tutto sommato, complessivamente, l’istituzione presidenza della Repubblica sia tra quelle che meglio abbiano funzionato nel nostro sistema politico- istituzionale. Come potrebbe un presidente della Repubblica esercitare quei poteri di moral suasion, come hanno fatto Pertini o Mattarella, nei confronti di un presidente del consiglio forte dell’investitura popolare? Il presidente della Repubblica sarebbe ridotto ad un ruolo di tappezzeria. Se si elegge qualcuno, si elegge il numero 1 del sistema, non il numero 2. Non a caso l’elezione diretta del presidente del Consiglio o primo ministro non c’è in nessuna parte del mondo”.

Forse sarà il compromesso più logico per una maggiore condivisione tra governo e opposizioni centriste.

"Proprio per questo avanzare la proposta di semipresidenzialismo alla francese collegato ad una legge elettorale a doppio turno di collegio che ho cercato di illustrare, potrebbe scombinare i giochi. Metterebbe in crisi quest’ipotesi”.

La stabilità politica abbasserà l’astensionismo o c’è una generale crisi della democrazia liberale?

“Una parte del fenomeno astensionistico è dovuto all’impressione diffusa che chi è al volante della macchina del governo in realtà non riesca a trasmettere i suoi impulsi alle ruote motrici e allo stesso motore. In altre parole, che la politica non guidi ma sia guidata dai grandi poteri internazionali che siano finanziari o mediatici o altro e che quindi non valga la pena votare. Il punto è proprio questo: ristabilire fiducia nella politica”.

Un consiglio tecnico. Il progetto di riforma può passare dalle normali commissioni parlamentari competenti o è preferibile un’apposita bicamerale?.

“Visto quello che è successo in passato, meglio dalle commissioni parlamentari competenti, magari creando a latere un consiglio di esperti”.

Craxi diceva che “quando c’è un problema si crea una bella commissione…”.

“Molte volte è in effetti è andata proprio così”.

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