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L'ira dei legali: basta con la gogna dei pm

Dalle inchieste Pdl al capo dei vigili in manette: il procuratore Laguardia nel mirino per la "spettacolarizzazione mediatica"

Gerardo Laguardia, procuratore capo di Parma
Gerardo Laguardia, procuratore capo di Parma

Parma - Un ammonimento, due ammonimenti, tre ammonimenti nel giro di poche settimane. Insomma, non è proprio un comportamento di asettico distacco dai fatti e dalle persone. Inevitabile il cartellino rosso della protesta, alzato assieme all'ultima, durissima nota, dagli avvocati di Parma e dintorni, che puntano il dito contro l'operato della locale Procura.
Un coro di critiche di cui si è fatto portavoce l'avvocato Paolo Moretti, presidente della Camera Penale, motivate dall'eccesso di spettacolarizzazione mediatica e dalla sistematica fuga di notizie che caratterizzano la gestione del procuratore capo «reggente» (anche se abbondantemente scaduto, secondo la legge), Gerardo Laguardia fin dai primi arresti di due anni fa nell'ambito delle varie operazioni Green Money e Easy Money (coinvolti a torto o ragione alcuni politici e personaggi di centrodestra e quindi non particolarmente amati dalla magistratura locale) e che ha trovato nuove conferme, recentissimamente, nell'inchiesta, pur di tutt'altro tenore, Stolen Tax.
La nota dei penalisti di Parma non lascia molto spazio alle libere interpretazioni: «Rilevato che sempre più spesso, nell'ultimo periodo, il cortocircuito mediatico-giudiziario si manifesta in modo patologico immolando sull'altare di una malintesa libertà di informazione i diritti fondamentali delle persone, presunte innocenti per garanzia costituzionale, ritratte in occasione dell'esecuzione di misure cautelari e delle quali vengono diffusi dati personali; che tale deriva trova le sue cause anche in una recente prassi di taluni organi inquirenti di indire conferenze stampa nel corso delle quali vengono riferite risultanze di attività investigative ancora in fase di indagini preliminari e, in taluni casi, perfino i nominativi di indagati del tutto all'oscuro dell'esistenza stessa del procedimento invita il Consiglio direttivo della Camera penale, qualora simili episodi avessero a ripetersi, a valutare l'opportunità di assumere forti iniziative di protesta, anche mediante la proclamazione di giornate di astensione collettiva dalle udienze». Libera gogna in libera Procura, dunque per dirla in altre parole. Come quando, era l'alba del 24 giugno 2011, l'ex comandante dei vigili urbani, Giovanni Maria Jacobazzi venne prelevato a casa e arrestato ma, come dire, al rallentatore, per dare il tempo a fotografi e cameramen avvisati dalla Procura, di arrivare sul luogo.
La storia non cambia e certe abitudini della Procura nemmeno, se è vero come è vero, che già allora i penalisti di Parma denunciarono pubblicamente: «Passerelle forzate di arrestati davanti a telecamere e macchine fotografiche, ritardata iscrizione nel registro degli indagati, carcere per “convincere” gli indagati a collaborare, interrogatori dei fermati fatti passare come “sommarie informazioni” come alcune delle prassi adottate dalla magistratura e dalle forze di polizia locali di Parma». «Prassi censurabili» rilevate a livello locale. Un riferimento diretto alle indagini sulla corruzione in Comune, Green Money ed Easy Money, che portarono poi, guarda caso, alla demolizione dell'amministrazione comunale di centrodestra.
I penalisti contestarono allora pratiche ben precise, al limite della violazione del codice di procedura penale come «la ritardata iscrizione nel registro degli indagati di persone che di fatto già da tempo erano destinate ad assumere tale veste», un escamotage che permetterebbe di prolungare la durata della fase delle indagini preliminari o privare fin dall'inizio delle necessarie garanzie difensive.

E ancora la raccolta di dichiarazioni autoindizianti da parte dei fermati, interrogati dalla polizia giudiziaria senza la presenza di un avvocato, «facendo capzioso ricorso alla forma delle dichiarazioni spontanee».

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