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L'odio di Saccomanni: senza Cav tutto facile

Il ministro dell'Economia getta la maschera: "Con lui fuori dal Parlamento le riforme economiche si potranno fare"

L'odio di Saccomanni: senza Cav tutto facile

Roma - L'intellighenzija degli anti-Cav «del 28 novembre» ha un nuovo coscritto. È il ministro dell'Economia, Fabrizio Saccomanni, che ha scelto la piazza finanziaria di New York e il suo quotidiano di riferimento, il Wall Street Journal, per gridare urbi et orbi che - da quando il Caimano non ha più un seggio al Senato - l'Italia è un Paese migliore, più libero e sicuramente destinato a un futuro radioso. Manca solo il riferimento al «sol dell'avvenire» e il gioco sarebbe perfetto. «L'uscita di Silvio Berlusconi dal Parlamento italiano dovrebbe rendere più facile per il governo spingere per le necessarie riforme economiche», ha detto l'inquilino numero uno di Via XX Settembre.

Fino a mercoledì scorso nessun riferimento, nessun segnale, solo qualche manifestazione di malcelato fastidio per il pungolo del Cavaliere che spronava il governo quantomeno a cancellare l'Imu. Passata la buriana, il coraggioso Saccomanni prima ha regalato alla Stampa la ghiotta anticipazione circa il ritorno nel 2014 dell'odiata tassa sulla casa e poi ha offerto al quotidiano più letto dalla collettività degli investitori internazionali la sua personale lettura del quadro politico. Ora c'è una maggioranza «più coesa e più determinata nel portare avanti il programma» di governo, ha sentenziato aggiungendo che «potrà operare in una prospettiva di medio termine», diversamente da come «è stato obbligato a fare fino a ora».

Insomma, fatto fuori il Cavaliere non ci saranno problemi. Ma lasciamo perdere il garbo istituzionale e guardiamo alla sostanza delle dichiarazioni. La situazione è cambiata in Europa. Ora, ha chiosato Saccomanni, «ci sono zero rischi di una rottura» dell'Eurozona. Le agenzie di rating hanno rivisto al rialzo l'outlook (cioè le prospettive future dell'economia) di Spagna, Cipro e Grecia e «per farlo con l'Italia hanno bisogno di prove definitive che l'instabilità politica non torni».

Un'equazione politica ma che con i numeri ha poco a che fare. E peccato che i numeri al povero Saccomanni diano torto. Uno su tutti: quel -1,9% che rappresenta la tanto certa quanto tragica decrescita del pil italiano quest'anno. Ora possibile che anche questo sia tutta colpa del Cav o anche il Tesoro ci ha messo del suo? E il pasticcio dell'Imu? E una Finanziaria talmente slabbrata da scontentare tutti come e più di quelle di Prodi? Portano tutte la firma del Cavaliere?

Saccomanni guarda già oltre. «L'Italia sta uscendo da una lunga recessione ed è attesa una crescita dell'1% nel 2014», ha spiegato fiducioso ricordando che «il governo sta mettendo in campo misure per stimolare l'economia», tenendo comunque il deficit sotto il 3 per cento. Forse a New York non sono giunti gli strali della commissione Ue e di Olli Rehn che vogliono tenere l'Italia «sotto osservazione» fino alla fine dei tempi. Saccomanni e il governo hanno «riaperto il libro delle riforme strutturali, considerate importanti dagli investitori istituzionali», tutti ottimisti sulle nostre sorti. Forse il ministro vede già quell'aumento degli investimenti esteri che finora hanno latitato.

Nonostante Saccomanni.

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