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L'ottimismo del Quirinale: primi spiragli nella Giunta

Napolitano conosce i rischi in caso di scontro sulla decadenza del Cav. La via: il Senato si prenda il tempo per trovare una soluzione

L'ottimismo del Quirinale: primi spiragli nella Giunta

Speranza? Certo. Fiducia, pure quella, perché no. Del resto Giorgio Napolitano la sicurezza che il Cav sosterrà ancora il governo l'ha persino messa nero su bianco nella nota di giovedì. Quanto poi all'ottimismo, guai a non esserlo. Però attenti, la partita è ancora aperta e tutto può succedere. Il cielo sopra Palazzo Chigi resta cupo, spiega, e non bastano le parole di Alfano sulla «fiducia ben riposta» a stabilizzare la situazione. «Il clima si è rasserenato? - dice ai giornalisti che lo hanno inseguito fino alla mostra del cinema di Venezia - Mi fa piacere che la vediate così». E cambia subito discorso: «Il film di Scola su Federico Fellini mi ha emozionato». La politica italiana, forse molto meno.

Ma insomma, quello del Colle era «un gesto di apertura» o un «avviso di sfratto»? Un riconoscimento politico o un «garbato avvertimento», un invito a non gettare l'Italia nel caos? Trentasei ore dopo la diffusione del comunicato informale, il Pdl sta ancora decrittando il reale significato delle parole di King Georg. Era quello il «segnale» tanto atteso? E mentre, nel dubbio, la corsa verso la crisi è rallentata, il Quirinale trova il modo di recapitarne un altro un altro, di segnale. Questo: lunedì la giunta per le elezioni, l'organo che si occuperà delle decadenza di Silvio Berlusconi, potrebbe prendersi tutto il tempo necessario prima di decidere, creando così lo spazio per una soluzione.

Più che una notizia, è una sensazione, un umore che trapela tra gli uomini del presidente arrivati assieme a lui al Lido. Forse è un auspicio, o magari una premonizione, che comunque si sposa bene con una frase di Renato Brunetta: «Se lunedì ci fosse un'accelerazione senza se e senza ma, senza spazio ai diritti della difesa, se le guarentigie di Violante fossero messe da parte, non ci sarebbe discussione. Ma Italia ha bisogno di un governo forte che governi, le larghe intese servono a questo. Non ci si perda in guerre di religione o in rese di conti».

Il fattore T, inteso come tempo, è dunque la chiave di volta della vicenda e il terreno sul quale Napolitano, forse, si è segretamente impegnato. Ufficialmente invece ha fatto dei passi verso la ri-legittimazione politica del Cavaliere, per il riconoscimento di leader del centrodestra anche da condannato. Aperture troppo timide, sostiene il Pdl. «Deve osare di più», dice persino una colomba come Fabrizio Cicchitto.

Ma, visto dall'ottica del Colle, quei «passi» sono stati «significativi». Già il 13 agosto il capo dello Stato, fissando in un messaggio le modalità per arrivare a un provvedimento di clemenza, ha riconosciuto apertamente che Berlusconi è «il capo indiscusso» del centrodestra, una condizione politica raggiunta in virtù al voto popolare e che con può essere cambiata da una sentenza. E giovedì, esorcizzando lo spettro di una crisi «che precipiterebbe il Paese in gravissimi rischi», ha ribadito che il governo si regge grazie «al sostegno della forza da lui guidata». Cioè, il Cav, e non il Pdl, è una delle architravi dell'esecutivo guidato da Enrico Letta.

Quindi, si legge ancora tra le righe della nota quirinalizia, Berlusconi è un leader determinante per la stabilità e per il bene comune. Assicurando poi che «non sta studiando o meditando il da farsi in caso di crisi», il presidente fa intendere che non sta brigando per un Letta-bis. Basterà? Al di là del piano B per governo, il «riconoscimento» è una cosa, l'«agibilità politica» un'altra.

Ore tese aspettando lunedì, anche se per Gaetano Quagliariello «dopo le parole di Napolitano il governo gode di salute migliore».

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