Cronache

L'Ue e i treni: "Basta scuse sui ritardi"

La Corte di giustizia Ue stabilisce che i risarcimenti non possono essere negati nemmeno per cause di forza maggiore

L'Ue e i treni: "Basta scuse sui ritardi"

Qualcuno a Trenitalia si metterà le mani nei capelli. O strabuzzerà gli occhi mentre leggerà quelle due righe stringate che arrivano da Bruxelles direttamente dalla Corte di Giustizia Ue dov'è stato sancito un principio rivoluzionario: «I viaggiatori hanno sempre diritto a un rimborso del costo del biglietto in caso di ritardo di un treno, anche se dovuto a causa di forza maggiore».
Capito la portata? Dirompente, come minimo. Con quattro parole i giudici dicono che alla gente non frega niente della tempesta, o dell'inondazione o degli scioperi sui binari o perfino dei suicidi. Quello che conta è assicurare a tutti un viaggio decente con orari adeguati. Così, superata la soglia di un'ora di ritardo, le società ferroviarie europee devono indennizzare il disagio. Punto e basta. Di scuse non ce ne sono.

Dunque, i viaggiatori, spesso beffati da cavilli normativi, possono riscattarsi e ottenere una piccola rivincita sui colossi dei trasporti ferroviari che circolano in Europa. D'ora in poi se si saltano appuntamenti a causa dei ritardi di un treno, almeno c'è la sicurezza di un indennizzo. La causa di forza maggiore non serve più come scusa perché il viaggiatore ha comunque sempre diritto ad un rimborso parziale del costo del biglietto. Fino ad ora, invece, le proroghe alla regola generale di un rimborso dopo un'ora di ritardo erano moltissime. Basta sfogliare il regolamento di Trenitalia per rendersene conto. «Non hai diritto all'indennità - si legge - se il ritardo è dovuto a circostanze esterne all'attività ferroviaria (ad esempio: catastrofi naturali come tempeste, inondazioni, smottamenti, frane) o a comportamenti di terzi (ad es: manifestanti sui binari, suicidio, incidente al passaggio al livello, uso improprio del freno di emergenza, interventi dell'autorità di polizia o doganali)». Insomma, le deroghe sono tantissime, molte delle quali esulano dalle cause eccezionali. Prendiamo, cinicamente, il suicida. In un caso concreto, per esempio, era stato rimosso il cadavere dai binari in circa quaranta minuti. Il treno, però, ha ripreso a circolare dopo due ore e mezza. Ma il rimborso chiesto da un passeggero era stato negato per causa di forza maggiore. Questa esclusione ormai è acqua passata. E Trenitalia dovrà cambiare le condizioni generali di trasporto alla voce «esclusioni».

La novità non riguarda solo la società italiana o le reti ferroviarie locali, ma tutte quelle europee. Nella sentenza, per esempio, la Corte di Giustizia si è espressa su un contenzioso presentato dalla Corte amministrativa austriaca, che voleva sollevare le stesse eccezioni in vigore in Italia. Ma la Corte ha uniformato il principio generale da applicare in tutta la Ue. E d'ora in poi è stabilito chiaramente che un passeggero, dopo un ritardo pari o superiore a un'ora, può sempre chiedere all'impresa ferroviaria il rimborso parziale del prezzo del biglietto. L'indennizzo corrisponde al 25% del prezzo del biglietto nel caso di ritardo compreso tra 60 e 119 minuti, e al 50% di tale prezzo nel caso di ritardo di 120 minuti o superiore. Il perché del ritardo non interessa né alla Corte né al viaggiatore. Una sorta di responsabilità oggettiva del vettore, secondo i giudici, che prescinde dalle motivazioni sostanziali del ritardo.

La sentenza ha ammutolito i vertici di Trenitalia (non rilasciano commenti) e ha fatto gioire il Movimento difesa del cittadino che parla di «bella conquista per i viaggiatori» costretti troppo spesso a sopportare ritardi cronici: mediamente, sostengono, il 60 per cento dei treni a lunga percorrenza e circa il 90 dei notturni arrivano a destinazione oltre l'orario previsto.

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