Politica

M5S, fronda contro Di Maio: "Non si negozia con il Pd"

Il doppio turno dell'Italicum spacca il M5S. In quattro pronti all'addio: il "cerchio magico" di Casaleggio finisce sotto accusa

M5S, fronda contro Di Maio: "Non si negozia con il Pd"

"Perché sta conducendo tutta la trattativa Di Maio? - mugugna un deputato pentastellato - io credo che sarebbe stato meglio eleggere un portavoce per guidare la delegazione". Dopo le montagne russe di lunedì è impossibile tornare indietro, ma il disgelo tra il Movimento 5 Stelle e il Pd, certificato con le dieci risposte scritte concesse ai dem, divide i grillini accrescendo il nervosismo di chi ha sempre mostrato scetticismo sull’apertura a Matteo Renzi e, da qualche giorno, anche sulla fuga in avanti del vicepresidente Luigi Di Maio, vero protagonista, di fatto, della linea "dialogante" sulle riforme. Ma c’è un altro punto-chiave nelle fibrillazioni di chi ha sempre ritenuto indigesta una trattativa con il premier-rottamatore: la concessione fatta al Pd sul doppio turno, assente nel Democratellum ma presente, seppur di lista e non di coalizione, nelle risposte fornite ieri al Pd.

"Chi ha deciso questi dieci punti? io li ho letti sul blog, nessuno ce ne ha parlato prima, non sono d'accordo praticamente su nulla - spiega un malpancista grillino alla Stampa - il Pd aveva trovato una scusa per non incontrarci: perfetto, ci avevamo provato, ne potevamo uscire da vincitori. Io non avrei mai smentito Beppe". Adesso Di Maio deve fare i conti con un clamoroso ammutinamento. Tanto che ieri, prima di una convulsa riunione dei deputati a Montecitorio, voci riportate dal Corriere della Sera parlavano dell'addio di altri tre o quattro parlamentari. Un'emorragia infinita. E diffusa. Perché, oltre all'ala romana di Paola Taverna e Roberta Lombardi, a voltare le spalle a Di Maio ci sono anche lo zoccolo duro siciliano e calabrese guidato da Riccardo Nuti e grillini storici come Laura Castelli. "Questa trattativa col Pd - tuonano i malpancisti - va fermata". Non gli importa se il dialogo con Renzi sia caldeggiato da Gianroberto Casaleggio col benestare di Grillo. E proprio al comico genovese in molti rinfacciato di lasciare troppo spazio al cerchio magico.

Il casus belli è il doppio turno accordato al Pd. Indicazione, questa, che Andrea Colletti, tra i sostenitori della linea oltranzista a Montecitorio, attribuisce a chiare lettere alla "valutazione personale di Luigi Di Maio e Danilo Toninelli". È l'occasione per lanciare l’allarme sul rischio di una "deriva plebiscitaria che richiede la governabilità a discapito di rappresentatività e democraticità". Due principi che, per Colletti, possono essere tutelati solo con un impianto "proporzionale". Le parole di Colletti riassumono i mal di pancia di un nutrito gruppo di parlamentari, consapevoli che, tuttavia, ora è impossibile tornare indietro. Travolto dalle accuse, Di Maio cerca di tenere botta. "Molti mi chiedono chi abbia deciso il doppio turno di lista - si affretta a chiarire - nessuno ha ancora deciso niente. Alla fine valiamo tutti 'uno' e potremo votare sul portale...". Una rassicurazione che non basta ai dissidenti. "Il danno è fatto...", ammette un deputato spiegando come, ormai, si sia fatto il passo più lungo della gamba. Tuttavia, come riferisce Repubblica, i componenti delle commissioni Affari costituzionali hanno chiesto a Toninelli di essere coinvolti maggiormente.

"Abbiamo visto che nella trattativa si è un po' travalicato - spiega Giuseppe D'Ambrosio - se prima si discuteva da uno a dieci, ora siamo arrivati a quindici".

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