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Macché interdetto È lui che può ancora interdire

La rivincita di Berlusconi su tutti coloro che speravano di averlo messo a tacere

Macché interdetto È lui che può ancora interdire

Come tutti avevano visto e previsto, Berlusconi ha rubato la scena a tutti e si è messo al centro. Ma quando è uscito dalla sala delle consultazioni, erano le sette di sera, ci è sembrato - solo per pochi istanti - che la sua voce fosse rotta. È stata questione di poco, perché il Cavaliere ha poi usato un tono molto pacato marcando la parola chiave, che era la «responsabilità». Opposizione sì, ma responsabile. La questione della responsabilità e del patto fra lui e Renzi sulle riforme, spiazza Alfano, costretto a chiedere di fermare gli orologi per mettere al microscopio un programma che ancora non c'è. Il fatto è che Berlusconi si è mostrato ieri sera come il vero partner di Renzi: il binario delle riforme è infatti più lineare di quello del governare giorno per giorno, che invece sarà certamente contorto.

L'aspetto che ci ha più colpito ieri, e credo che abbia colpito tutti, è quello della data storica di questi anni: ieri, 15 febbraio, gli italiani hanno visto la rivincita di Berlusconi su tutti coloro che speravano di averlo messo a tacere.
Ma non è andata così: non è stato sufficiente condannarlo, non è stato sufficiente buttarlo con la forza fuori dal Senato, e men che mai è servito aver adottato per lui quell'aggettivo da esorcista - «pregiudicato» - per ottenere il suo deprezzamento politico. Tanto lavoro (non politico, soltanto giudiziario) per nulla. Da anni il fronte della guerra civile mentale che ha dilaniato l'Italia per un ventennio (un ventennio «antiberlusconiano» visto che il Cavaliere ha governato soltanto per otto anni) ha cercato di eliminare il Cavaliere dal suo ruolo di leader di una parte importante e spesso maggioritaria del Paese.
Lo hanno fatto invitandolo a fare «il passo indietro» e suggerendogli di ritirarsi da qualsiasi ruolo pubblico. Poi, quando il 1° agosto dello scorso anno arrivò la condanna della Cassazione, quella parte dell'Italia che si è nutrita di rancoroso odio nei suoi confronti, ha festeggiato stappando champagne. Non festeggiavano la giustizia, il trionfo della legalità. Alla legalità nessuno pensava, visto che anche secondo i sondaggi la maggioranza schiacciante degli italiani di destra e di sinistra pensa che una sentenza del genere sia stata fortemente condizionata da fattori che non hanno a che fare con le prove, ma molto da altri fattori del tutto estranei.
Il fatto è che festeggiavano l'evento miracolo, la stella cometa che inseguivano da due decenni: mettere fuori scena un avversario politicamente non eliminabile come leader, usando altri mezzi. Ricordiamo con vergogna gli orridi festeggiamenti che una sparuta minoranza del cosiddetto popolo viola mise in scena nelle vie di Roma la sera in cui Berlusconi andò a rassegnare le dimissioni al Quirinale, convinto da Napolitano di fare il bene del Paese e senza essere mai stato sfiduciato dal Parlamento. Furono inscenati cortei dagli slogan abominevoli che rievocavano la «radiose giornate» del linciaggio di Gheddafi.
Anche ieri sera una minuscola ma sonora manifestazione del genere è andata in scena vicino al Quirinale sostenendo la tesi secondo cui il capo dello Stato non avrebbe dovuto «consultare un pregiudicato».
Tesi particolarmente bizzarra se soltanto si ricorda che Beppe Grillo, passato in giudicato con una condanna definitiva per aver provocato colpevolmente la morte di tre cittadini con la sua macchina, è stato ricevuto in passato da Napolitano e se oggi il pregiudicato Beppe Grillo non è stato ascoltato, ciò dipende soltanto dal fatto che ha scelto di non salire sul Colle.
Sta di fatto che la presenza e il ruolo di Berlusconi nella giornata politica e nel quadro generale di questa crisi hanno generato, nello schieramento che lo voleva morto e fuori gioco, una profonda frustrazione e molta rabbia. Matteo Renzi d'altra parte è apertamente accusato di aver provocato con il suo realismo (riconoscere a Berlusconi il ruolo di leader che gli compete) la resurrezione del presidente di Forza Italia rimettendolo al centro della scena, come è puntualmente accaduto.
Insomma è stato il giorno della rivincita per un uomo che ha saputo mantenere un tono pacato e ragionevole, quasi commosso, di fronte alla stampa che lo attendeva all'uscita della Vetrata. Quel momento iniziale di rottura emotiva - trovarsi di nuovo lì, al Quirinale, nel ruolo di leader politico - è passato e ha lasciato il posto a una voce che suggeriva l'idea della tranquilla determinazione. È stato dunque un ritorno proiettato verso il futuro, per di più incardinato in un rapporto speciale con il presidente del Consiglio che sta per essere nominato.
Con lui farà le riforme e dunque su di lui eserciterà un potere. Renzi può sperare di non andare alle elezioni se e fintanto che Berlusconi accetterà di danzare con lui questo tango delle riforme: il giorno in cui il Cavaliere decidesse di interrompere la danza, Renzi finirebbe in un cul de sac.
Ma fra i due il patto è già siglato, tagliando fuori tutti gli altri, da Alfano a Vendola.

In altre parole, Berlusconi è diventato il partner invisibile ma indispensabile per l'ascesa di Matteo Renzi.

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