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La macroregione del Nord Padania punta all’Europa dei popoli Primo passo: l’adozione del modello elvetico di fiscalità federale

La macroregione del Nord Padania punta all’Europa dei popoli Primo passo: l’adozione del modello elvetico di fiscalità federale

Malgrado gli scandali di primavera, era molto difficile raccogliere il testimone da Umberto Bossi - il fondatore, colui che ha dato concreta rappresentanza politica al malessere e al rancore del grande Nord - e prendere in mano le redini della Lega. E Roberto Maroni, che ha vissuto da protagonista tutte le stagioni della parabola leghista, non è riuscito a dissimulare la propria emozione al momento dell’investitura. Chi voleva un segretario forte, autorevole e credibile, è accontentato. La forza, la credibilità e l’autorevolezza, del capo di un partito sono infatti l’espressione del progetto politico che il segretario propone e s’impegna a realizzare.
La politica è progetto e quello che il neo segretario della Lega Roberto Maroni ha elaborato e illustrato al congresso di Assago, consapevole che non bastavano le ramazze di Bergamo, è un progetto politico credibile, articolato e robusto dal punto di vista teorico. Si fonda sul principio della «partita doppia». La sua Lega giocherà su due tavoli, in duplice direzione: verso l’Europa dei Popoli e via da Roma. È forse questa la chiave interpretativa più corretta, lo schema in cui calare l’intervento di investitura dell’ex ministro dell’Interno al timone di via Bellerio. Uno schema riassunto dai due slogan iscritti alle spalle dei relatori della doppia tornata congressuale. Sabato: «Per l’Europa dei Popoli». Domenica: «Prima il Nord». Non si tratta di una Lega nuova, nel senso che non ha cambiato obiettivo: l’indipendenza della Padania è sempre lo scopo ultimo del movimento. È cambiata piuttosto la strategia per realizzarlo.
La Lega guidata da Maroni lavorerà per costruire l’Europa federale dei Popoli, cercando alleanze con le altre regioni europee intenzionate a condividere il percorso della rifondazione dell’unità politica del Vecchio continente su base macroregionale. In questo senso la Lega è un movimento neoeuropeista e punta sulla macroregione del Nord che, nei fatti, corrisponde alla Padania; una macroregione che ha sempre avuto una vocazione mitteleuropea. E invierà a Bruxelles, per trattare con i vertici europei, i tre governatori del Nord perché non si sente rappresentata da Monti e dal suo governo di tecnocrati, veri nemici del Nord.
La Lega di Maroni lavorerà anche per ottenere da Roma margini di sempre maggiore autonomia, accelerando la crisi finale dello Stato nazionale sino giungere in prossimità dell’indipendenza della Padania. Lo scopo è quello di ottenere - attraverso la rivolta fiscale, la rottura del Patto di stabilità (la «madre» di tutte le battaglie) che imbriglia le amministrazioni virtuose del Nord - un’autonomia radicale. Ma l’impegno politico sarà esclusivamente concentrato al Nord, magari abbandonando anche la presenza romana. La Padania tornerà infatti a essere il territorio privilegiato dell’azione politica del movimento che punta a reimpossessarsi della rappresentanza esclusiva della questione settentrionale. Come? Attraverso la mobilitazione dei sindaci-guerrieri e dei governatori.
Lo strumento per giocare sui due tavoli è il partito di raccolta, il sindacato territoriale, che ha un ruolo egemone nell’incarnare la rappresentanza e tutelare le istanze del Nord. E che, pertanto, ha la delega esclusiva della questione settentrionale. Un Nord che non può più permettersi di mantenere il Mezzogiorno, una specie di Grecia italiana. Un Nord che punta alla regionalizzazione del debito e a uno sgravio fiscale per le piccole e medie imprese padane del 15%. E che mira all’adozione del modello svizzero di fiscalità federale che, in ordine ai tre livelli istituzionali (Stato, Cantoni, Comuni), ripartisce pressoché equamente le risorse provenienti dal prelievo; con le tasse indirette in capo allo Stato, quelle indirette agli enti locali.
Insomma, la Lega di Maroni ha le idee chiare: non guarda a Roma. Guarda piuttosto all’Europa dei Popoli, al modello elvetico, alla libertà. Dopo le pulizie di primavera, era quel che ci voleva.

E Maroni - che costruirà una leadership diversa, magari meno carismatica, ma più concreta, pragmatica e progettuale - non ha affatto deluso.

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