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Maggioranza già in affanno Allarme numeri per Renzi

Fra assenze e franchi tiratori, governo a rischio anche alla Camera. E il premier ordina: siate presenti e votate

Maggioranza già in affanno Allarme numeri per Renzi

Date un pallottoliere a Renzi. Il premier annuncia riforme ogni ora ostentando una sicurezza che non ha. I numeri li ha solo sulla carta e la sua maggioranza è destinata a ballare la rumba. Facciamo due conti. Alla Camera, in teoria, Renzi è più tranquillo. Il Pd, da solo, ha 293 seggi su 630 totali e con i soli 27 deputati di Scelta civica supererebbe di 5 unità la maggioranza assoluta di Montecitorio. Ma attenzione. Ad ogni votazione ci sono le assenze, gli astenuti, i dissensi espliciti e i franchi tiratori. Si prendano le ultime votazioni sull'Italicum. Sulla carta la maggioranza che sostiene la nuova legge elettorale è bulgara visto il patto trasversale tra Renzi e Berlusconi: sommando i 67 di Forza Italia, i 29 del Nuovo centrodestra, i 293 piddini, i 19 dei Popolari per l'Italia, i 27 di Scelta civica e i 25 del gruppo misto si arriva alla mirabolante cifra di 460 deputati.

Ma, appunto, soltanto sulla carta. I numeri sono virtuali visto che ogni partito avanza richieste, combatte le proprie battaglie in chiaro e, nell'ombra, fa germogliare gli immancabili franchi tiratori. La maggioranza si assottiglia pericolosamente così come accaduto nelle ultime votazioni sugli emendamenti all'Italicum. La proposta di introdurre le preferenze, per esempio, è stata bocciata sì; ma soltanto per 40 voti. Ben 236 i voti a favore. Stessa solfa il giorno precedente su altri emendamenti sensibili, dove c'è stata una maggioranza colabrodo. Al primo voto ha toccato soglia 341, al secondo 316: una tragica emorragia che ha costretto Renzi a dare l'ordine di scuderia a ministri e sottosegretari: mi raccomando, siate presenti e votate. E così è stato.

Sulla legge elettorale la maggioranza è anomala perché comprende anche Forza Italia. Solitamente Renzi può contare su altri numeri. Il giorno della fiducia, a Montecitorio, il premier ha incassato 378 sì. Uno in meno della maggioranza guidata dal predecessore Enrico Letta.

Pure al Senato Renzi deve stare con gli occhi ben aperti. Anzi, di più. La maggioranza è fissata a quota 161 e il premier può contare su 108 voti del Pd, 8 di Scelta civica, 12 dei Popolari per l'Italia, 12 delle Autonomie, 31 degli alfaniani, più 4 ex grillini confluiti nel Misto. Totale 184. Anche qui vale lo stesso discorso della Camera: solo sulla carta. Infatti Renzi è partito, il giorno della fiducia, con soltanto 169 lucette verdi a fronte di 139 luci rosse. Anche a Palazzo Madama meglio di lui aveva fatto Letta, incassando 172 sì. Insomma, con soltanto 8 voti di maggioranza non si comprende la sicumera di Renzi che continua a promettere riforme epocali e a raffica.

Il suo Pd resta percorso da fibrillazioni interne che emergeranno non solo sull'Italicum ma anche sul Jobs act, sullo sblocco dei pagamenti della Pa, il taglio del cuneo fiscale e dell'Irap e la spending review. Civatiani, cuperliani e lettiani non vedono l'ora di consumare la propria vendetta contro l'«usurpatore» di Firenze. Il quale pare aver perso lo smalto iniziale anche nel Paese. Il Mattinale redatto dallo staff di Renato Brunetta avverte il premier: attento Renzi, non gongolare per un onesto 55 per cento di consensi. Ma un recente sondaggio Ixè condotto per Agorà è ben più impietoso: la fiducia in Renzi è calata bruscamente dal 56 al 50 per cento.

Determinante, in negativo, il modo in cui ha formato la squadra di governo, le recenti polemiche sui sottosegretari «macchiati» e il relativo doppiopesismo: ha pagato con la poltrona soltanto l'alfaniano Antonio Gentile. Che la luna di miele stia già finendo?

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