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Maggioranza sempre ferma: rinvio pure sulla Santanchè

Ennesima indecisione delle larghe intese, slitta l'elezione  della vicepresidente della Camera. Alfano: si va avanti con lei

Maggioranza sempre ferma: rinvio pure sulla Santanchè

Passo. La mano di poker sul caso Santanchè finisce con un nulla di fatto. A causa delle lacerazioni interne del Pd, ieri Montecitorio ha deciso di non decidere e di rimandare sine die la questione relativa all'elezione della vicepresidente della Camera. Candidata in pectore, Daniela Santanchè, fedelissima berlusconiana, e per questo ritenuta indegna dai democratici. «Invotabile», «impresentabile», per molti della pattuglia di largo del Nazareno, formata da 293 parlamentari. Ma il Pdl, lungi dal togliere le castagne dal fuoco ai piddini, fa muro sul nome della pasionaria pidiellina: «I patti si rispettano - è l'antifona ripetuta in Transatlantico -. Con quale diritto i democratici pongono veti sui nostri nomi?». Stallo. Per la verità durante la notte di lunedì s'è cercato di sciogliere il nodo ma l'esito è stato pessimo: muro contro muro. Un faccia a faccia di quasi due ore Santanchè-Alfano suggella la linea da tenere: non si cede e non si cederà.

Alle 13, alla conferenza di capigruppo, arriva la decisione pilatesca: rimandiamo tutto. Sulla carta, Movimento 5 Stelle e Sel avrebbero potuto convergere su un loro candidato, forti di 143 voti (106 grillini e 37 vendoliani). Il nome da far circolare c'era già: la grillina padovana Francesca Businarolo. Ma il M5S ha già un vice, Luigi Di Maio. Quindi un candidato di Sel? Ma i vendoliani hanno già la presidenza con Laura Boldrini e il vulnus sarebbe stato altrettanto grave.

Ma tant'è: il Pd avrebbe votato scheda bianca o, grazie al voto segreto, sostenere - seppur non in blocco - il candidato della sinistra radicale. Sarebbe stato uno strappo senza precedenti. Un vicepresidente spetta per prassi al Pdl, essendo Lupi migrato al dicastero delle Infrastrutture. Non solo: a rigor di pallottoliere, si sarebbe potuti andare alla conta comunque, sperando nel soccorso di Lega e Fratelli d'Italia. Aiuto per nulla scontato. E poi i centristi, che fanno parte della maggioranza a differenza del Carroccio e di FdI, si sono presentati «senza alcuna indicazione di partito», come dichiarato da Ilaria Borletti Buitoni. Una conta a queste condizioni sarebbe stato un vero terno al lotto. Ma un big del Pdl taglia la testa al toro: «Non si fanno giochini: la maggioranza c'è ed è chiara. Il Pd non ponga veti assurdi e converga sulla Santanchè».

Il classico gioco del cerino per vedere chi si brucia le dita. Brunetta assicura: «Daniela è e rimane l'unico nostro candidato». Alfano, che tratta di persona con i piddini per sciogliere il nodo, esclude candidature alternative: «Nessun passo indietro: anzi, si va avanti», twitta. Stallo. Vista la situazione è l'Aula a votare un rinvio. Sine die. La questione è congelata quindi fino alla prossima settimana e non è escluso che il nodo piombi sul tavolo del vertice di maggioranza, in programma domani. La diretta interessata fa spallucce in Transatlantico: «Che devo dire - sorride Daniela Santanchè -.

Questa maggioranza non decide mai nulla e rinvia sempre tutto». A dispetto di crepe interne al Pdl, tutto il partito fa quadrato attorno alla Santanchè. Da Capezzone: «Lei resta in campo.

Chiunque pensi, a sinistra, a giochini da attuare con l'aiuto di una dilazione temporale, si sbaglia»; a Schifani: «Da sinistra veti inaccettabili, si stanno violando le regole della prassi e dell'etica parlamentare».

E Sandro Bondi mette il dito nella piaga: «La posizione del Pd dimostra che il governo non è sostenuto da una maggioranza coesa e fondata sul rispetto e sul riconoscimento reciproco».

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