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Matteo oggi fa i conti col Senato I suoi alleati a caccia di poltrone

Per il premier prima prova a Palazzo Madama. Poi si occuperà della grana dei sottosegretari. Le insidie peggiori: i servizi segreti e i rapporti con l'Europa

Matteo oggi fa i conti col Senato I suoi alleati a caccia di poltrone

Roma - Giù le tasse: «Io da amministratore, alla Provincia e al Comune, le ho sempre ridotte. Niente promesse, ma ci proveremo». E sotto con i tagli: «Il fascicolo sulla spesa pubblica è sul tavolo, aspettiamo il giuramento del ministro Pier Carlo Padoan e ci lavoriamo». Ma è la burocrazia «ingessata» il grande nemico dichiarato di Matteo Renzi: «È la madre di tutte le battaglie. Significa cambiare mentalità e non deludere le speranze dei giovani».
Una domenica a Firenze, attaccato allo smartphone, per rispondere su Twitter a chi gli chiede quali saranno i suoi primi atti di governo. «Con Graziano Delrio stiamo già sui dossier. Metodo, metodo, metodo. Non annunci spot ma visione alta. La concretezza dei sindaci». Matteo annuncia un piano sul lavoro. Parla di un incartamento «molto interessante» sulla giustizia preparato da Nicola Gratteri, il magistrato calabrese cancellato all'ultimo momento dalla lista di governo da Giorgio Napolitano: il premier lo vorrebbe come consulente speciale per la lotta alla criminalità organizzata. Prima di chiudere i cinguettii, promette scintille sull'agenda digitale: «Gli italiani resteranno sorpresi».
In serata torna a Roma e parla al telefono con Angela Merkel. Argomenti del colloquio, fanno sapere fonti diplomatiche, il vertice italo-tedesco di Berlino del 17 marzo e «il comune impegno dell'Unione europea». Poi Renzi si chiude a Palazzo Chigi per preparare il discorso che terrà oggi pomeriggio in Senato. Ogni tanto, tra una telefonata e l'altra per capire se i numeri terranno, apre incuriosito la tenda dell'ufficio e si mette a sbirciare il passeggio domenicale a piazza Colonna.
Renzi dunque arriva alla sfida del Parlamento. Una volta ottenuta la fiducia, il suo primo problema sarà quello di completare la squadra, cercando di accontentare gli appetiti delle forze che, nel giro di valzer dei ministri, sono rimaste a secco, come i Popolari per l'Italia di Mauro e i socialisti di Nencini. Quanti saranno i posti di sottogoverno? Con Mario Monti, tra viceministri e sottosegretari, erano 28. Con Enrico Letta ancora di più, rispettivamente dieci e trenta. Matteo vorrebbe contenersi, ma come si fa a gestire 14 commissioni permanenti al Senato e altrettante alla Camera con solo 16 ministri? Dovrebbero essere ubiqui per coprire tutti i buchi e aiutare Maria Elena Boschi, titolare delle Riforme e dei Rapporti con il Parlamento.
C'è poi la delicata questione del ministero per gli Affari europei, che con Letta era affidato a Enzo Moavero e che Renzi ha cancellato. Chi si occuperà di tenere i rapporti con Bruxelles? La Farnesina? Una struttura di Palazzo Chigi? Un sottosegretario di peso? Per non parlare delle delega per i servizi segreti: verrà riconfermato il sottosegretario Marco Minniti? Leonardo Tricarico, presidente della Fondazione Icsa, ex capo di Stato maggiore dell'Aeronautica ed ex consigliere militare di tre diversi presidenti del Consiglio, sponsorizza Minniti: «Sarebbe da scellerati rinunciare in una posizione così importante alla persona più professionale che il quadro politico possa offrire».
E ancora. Uno dei prossimi Consigli dei ministri dovrà scegliere il nuovo direttore dell'Aise, il servizio segreto esterno. Il generale Adriano Santini ha infatti appena concluso il suo mandato quadriennale e l'agenzia è attualmente nelle mani del vicario Paolo Scarpis.

La rosa dei papabili - con Letta premier - vedeva schierati Alberto Manenti, Carlo Magrassi e Filippo Maria Foffi. Chi vincerà?

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