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Mille euro in più in busta paga. Ma arriva la patrimoniale

Da maggio Irpef più leggera per 10 milioni di italiani. Ma aumenta al 26% l'aliquota sulle rendite finanziarie

Mille euro in più in busta paga. Ma arriva la patrimoniale

Roma - Matteo Renzi sfida l'Unione europea, e non solo. Al termine del Consiglio dei ministri annuncia che il governo ha recuperato più di 10 miliardi di euro «da destinare a 10 milioni di persone»: quelli che dichiarano redditi inferiori ai 25mila euro all'anno. Mille euro in media a testa all'anno, 85 al mese. Ma solo quando l'impianto sarà a regime: scattando a maggio, il beneficio reale sarà di due terzi. Alle imprese assicura un taglio dell'Irap del 10%, finanziato da un aumento dal 20 al 26% della tassazione sulle rendite finanziare (titoli pubblici esclusi); la riduzione di un miliardo di contributi Inail (decisa dal governo Letta); e lo sblocco completo dei 68 miliardi di debiti arretrati della pubblica amministrazione. Quest'ultima, l'unica misura introdotta con un provvedimento legislativo: un disegno di legge.

L'atteso annuncio di riduzione fiscale, invece, assumerà forma di testo di legge «da qui al 30 aprile». Per il momento è solo una «relazione del presidente del Consiglio al consiglio dei ministri». I benefici sulla busta paga, infatti - ricorda il premier - scatteranno «a partire dal 1° maggio. Volevo farli decorrere dal 1° aprile, ma sono andato a sbattere... Quindi, si vedranno gli effetti il 27 maggio». Due giorni dopo le elezioni europee.

Renzi è puntiglioso nell'illustrazione delle coperture. Cioè, come ha recuperato i 10 miliardi in questione. «Sul tema ho assistito a polemiche incredibili», commenta. I primi 6,4 miliardi arriveranno dalla scelta (tutta politica) di non rispettare l'obiettivo di deficit di quest'anno, fissato al 2,6% del Pil. E di riprogrammarlo al 3%. «Nessuno si è mai sognato di sforarlo», spiega. Quello 0,4% in più dovrebbe garantire al governo di recuperare, appunto, 6,4 miliardi.

Il problema è quel livello di deficit era rapportato a una crescita dell'economia interna dell'1,1%. In realtà, l'aumento del Pil sarà dello 0,6%. Ne consegue che già oggi il deficit atteso per quest'anno sale al 2,8%, e non al 2,6%. In più, i Trattati europei obbligano i governi in carica a raggiungere il pareggio di bilancio (principio sancito anche dalla Costituzione) e di migliorare ogni anno il deficit strutturale dello 0,5% del Pil. Renzi non solo non riduce il deficit, ma lo aumenta. E Pier Carlo Padoan, successivamente, quasi prende le distanze dal premier: «Il 2,6% è il margine massimo per evitare di rientrare in procedura per deficit eccessivo». Renzi, però, sembra non voler ascoltare il ministro dell'Economia.

Altri 2,2 miliardi, se non di più, il governo conta di recuperarli attraverso un risparmio della spesa per interessi determinata dal calo dello spread sui titoli pubblici. «Una realtà irreversibile. Oggi è calcolato a 250 punti base. Se solo scendesse a 200 punti base, il risparmio sarebbe di 2,2 miliardi». Prima della conferenza stampa, lo spread era al 175.

Dopo, ha chiuso a 183 punti. Sempre i Trattati Ue impongono agli Stati membri di destinare gli eventuali risparmi di spesa per interessi alla riduzione del deficit, non a finanziare nuova spesa.

Renzi ha già pronta la risposta a queste obiezioni, che si sentirà ripetere a breve dalla Merkel e da Hollande: «Lo Stato italiano sta decidendo di spendere i soldi degli italiani entro i limiti europei. Entro il 3%». Come a dire: forse i miei programmi non rispetteranno l'ortodossia europea, «ma faranno ripartire l'economia».

Altre risorse, il presidente del Consiglio conta di recuperarle dalla spending review (almeno 3 miliardi) e dalla contabilizzazione del gettito Iva derivante dallo sblocco dei pagamenti dei debiti della pubblica amministrazione e dai 5 miliardi destinati al recupero dell'edilizia scolastica e delle misure per combattere il dissesto idrogeologico.

Piccolo particolare. La contabilizzazione di questo gettito Iva era stato respinto dal ministero dell'Economia, regia Saccomanni, non più tardi di quattro mesi fa. Così come il Quirinale si è sempre opposto all'utilizzo delle risorse derivanti dalla revisione della spesa per finanziare nuove spese.

Una strada in salita.

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