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Montecarlo, Fini si attacca con le unghie alla poltrona: colpa della famiglia

Il presidente della Camera non molla: "Non ho nulla di cui vergognarmi". E a Santoro che tira in ballo l'opinione pubblica risponde: "È un problema familiare, non ne parlo in tv"

Montecarlo, Fini si attacca con le unghie alla poltrona: colpa della famiglia

"Non ho intenzione di fare queste domande". Michele Santoro non raccoglie del tutto l'invito de ilGiornale a porre 11 domande precise a Gianfranco Fini. Ma non rinuncia a parlare della questione e lo fa con la carica che lo caratterizza. Incalza il presidente della Camera sulle annunciate (e mai messe in atto) dimissioni e sui documenti pubblicati negli ultimi giorni da L'Espresso. Il leader di Fli resiste, si attacca con le unghie alla poltrona, ma alla fine - quando Santoro gli fa notare che si sta giocando l'opinione dei cittadini - ammette, quasi amareggiato: "È una questione familiare".

Nello studio di Servizio Pubblico, oltre a Fini, ci sono Matteo Renzi e Diego Della Valle. Dopo un monologo su Berlusconi iniziato con l'inno di Forza Italia, Santoro porta il dibattito sul ddl anticorruzione. Il presidente della Camera si lancia in un panegirico sull'opportunità di non candidare chi è stato rinviato a giudizio o condannato in primo grado per particolari reati e su come lui sia "pulito": "Condanne, zero. Rinvii a giudizio, zero. Avvisi di garanzia, zero", afferma.

Santoro coglie la palla al balzo e tira fuori la questione della casa di Montecarlo. "Non tutto si può risolvere sul piano penale", afferma il giornalista, "Bisogna rapportarsi anche al piano morale". E qui cita il video del 25 settembre 2010, quando il presidente della Camera prometteva dimettersi se si fosse dimostrata l'implicazione del cognato Giancarlo Tulliani nella vicenda. "L'ho detto con estrema chiarezza e non sono pentito di averlo detto", dice oggi Fini, ribadendo che non si dimetterà affatto. "Non sono stati trovati profili rilevanti. Tuttavia l'opinione pubblica si è convinta che questa casa è oggetto di affari della sua famiglia. Lei a questo punto che fa?", chiede diretto il conduttore.

Niente da fare. Nemmeno l'appello "alla sua coerenza morale" fa cedere il leader di Fli: "È stata archiviata la denuncia nei miei confronti perché il fatto non sussiste", ribatte, "Aggiungo che non c'è in ballo un solo centesimo di denaro pubblico, non c'è un italiano che possa dire Fini mi hai fregato. C'è stata una campagna di stampa legittima, ma non posso essere chiamato a rispondere nè a livello penale, nè a livello politico dei comportamenti di altre persone".

"Mi aspettavo qualcosa di più", incalza Santoro, che lo invita a chiedere scusa. "Non ho nulla di cui vergognarmi davanti alla mia coscienza, davanti agli italiani, davanti al codice penale", replica Fini. E quando il giornalista chiude la questione con un "è un problema suo con l'opinione pubblica", il presidente della Camera scarica (di nuovo) le colpe sulla famiglia: "Semmai è un problema mio, personale e familiare e come tali non vanno trattate in tv". E ammette: "Non voglio dare la minima idea che mi sono dovuto dimettere per uno scandalo".

Insomma, Fini quello scranno non lo molla.

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