Politica

Monti si è sbarazzato del cane E ora si libera dei dissidenti

Il maltese Empy, usato in campagna elettorale, scaricato a figlia e nipotini. Stasera il partito va alla conta per cacciare chi parteggia per Casini e Mauro

Il presidente dell'Università Bocconi, Mario Monti
Il presidente dell'Università Bocconi, Mario Monti

Che fine farà Scelta civica? Dove andranno Casini, Cesa e Mauro? Che farà Monti? Ma soprattutto, che fine ha fatto Empy, il cagnetto affittato dalla Endemol e finito rocambolescamente in casa Monti, durante la campagna elettorale? La domanda turba la politica nazionale dopo l'incredibile confessione dell'ex premier a Raitre: «La Bignardi fu scorretta a mettermi in braccio quel cagnolino». Dunque non lo voleva, e allora dov'è adesso? Tagliato, come le pensioni sotto il suo governo? Esodato? Riconsegnato alla Endemol? Le ultime foto del quadrupede, in effetti, risalgono a febbraio, sotto elezioni. Poi più nulla. Nelle settimane prima delle politiche, Monti, di testa sua ma incoraggiato dai suoi (non proprio infallibili) esperti di comunicazione, pensò che l'adozione del piccolo maltese potesse svecchiare la sua immagine di rigido accademico anaffettivo e tramutarsi, da tecnico austero, in uomo di tutti i giorni - o quasi - e portargli dunque simpatie elettorali. Un assist da prendere al volo, e così fece il Professore, con l'adozione in diretta tv dell'innocente bestiola (ribattezzata da lui Empy, originariamente Trozzy), e successive mirate uscite pubbliche con cane al guinzaglio. La moglie Elsa, casualmente paparazzata mentre compra pappe, ciotole, ossa di gomma a Palla di pelo, negozio specializzato. Lo stesso Monti che, un po' goffamente, coccola il cagnolino, sforzandosi di apparire a suo agio in posa per il fotografo. Persino un profilo Twitter per il cane Empy (altra geniale idea dello staff dell'ex premier), il cui ultimo tweet risale al 22 febbraio, due giorni prima del voto, traumatico per Scelta civica e per Monti. Poi, silenzio canino.
Che ci fossero divergenze non solo con quelli dell'Udc, ma anche con Empy, lo aveva segnalato Libero, intercettando il dialogo tra Monti e la moglie in un video casalingo a uso elettorale. Si nota l'allora premier, con trolley griffato «Monti per l'Italia», che gioca col cane, e l'allora first lady che domanda preoccupata: «Un'altra pipì?». «No, no». «Morde il tappeto?» «No, il divano». Quindi il cucciolo si butta sulle gambe della first lady, non entusiasta: «Ahh i miei pantaloni!». Più ingombrante di Casini, più ingestibile del ciellino Mauro, più inquieto di Olivero e compagnia di Sant'Egidio, ecco che per Empy si è imposta una soluzione drastica: piazzarlo alla figlia Federica, già consulente dello studio Ambrosetti (quelli di Cernobbio), e ai tre nipotini del premier (uno di loro chiamato Spread dai compagni di asilo, rivelò Monti), affezionatissimi alla bestiola. Dunque una buona notizia per i parlamentari preoccupati della sorte di Empy dopo le frasi di Monti in tv.
Più complicata è la sorte di Monti e della sua Scelta civica. Stasera, nella sede di via Poli a Roma, si va alla conta. Il comitato direttivo del partito, composto da 20 persone (meno uno, Monti, che non ci sarà), al novanta per cento montiani, metterà ai voti un documento («Siamo alle purghe staliniane!» grida l'opposizione interna) che fissa nero su bianco la linea di Scelta civica: fedeltà al governo ma libertà di critica ai provvedimenti considerati discutibili; auspicio per un ritorno di Monti alla presidenza di Sc; no al bipolarismo e sì a un terzo polo; separazione dall'Udc con cui «sono venuti meno i presupposti per un'alleanza». In sintesi: o andate con Casini o se restate in Scelta civica basta raccolta firme per sfiduciare la presidenza. Un aut aut che costringerà a chiarire le posizioni ancora ambigue di molti. Potrebbero votare contro Dellai, Olivero (però molto indeciso), il senatore Marino e l'onorevole Gitti. Punto interrogativo sulla Merloni, firmataria della lettera contro Monti, ora in bilico, addirittura «pentita» secondo alcuni, e sull'onorevole Santerini. Sarà presente Mario Mauro, scissionista con Casini, e Moavero, che come ministri non avranno però diritto di voto nel direttivo. La scissione del centrino inizia oggi e si completa giovedì, con la riunione dei gruppi parlamentari.

Con uno scenario poco simpatico per i montiani: se andranno via i 12 senatori secessionisti, il gruppo Sc al Senato sparirà (ne servono, per regolamento, almeno 10).

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