Rubrica Cucù

Morte d'un soldato al tempo delle jene

Ma vi sembra possibile che nell'agosto bastardo del 2013 un signore muoia dicendo: "Ho amato la mia patria più della mia anima"?

Ma vi sembra possibile che nell'agosto bastardo del 2013 un signore muoia dicendo: «Ho amato la mia patria più della mia anima»?. No, non è possibile ma è successo. Si chiamava Walter Jonna. Capitano della X flottiglia Mas, tre croci al merito di guerra, arruolato volontario a 17 anni, da ragazzo scampò a due fucilazioni già in esecuzione. Una in Russia, dove era partito da alpino (combattè pure in Grecia) e dove fu messo al muro dai russi, ma non reggendosi in piedi, cadde sui corpi dei suoi commilitoni e fu scambiato per morto. Ricoverato al centro mutilati e invalidi, raggiunse con le stampelle La Spezia e si arruolò nel settembre del '43 nella Decima Mas del Comandante Borghese.

Condannato a morte dai partigiani fu confessato da un prete-partigiano, don Angelo Recalcati, che poi diventò suo amico. Ma il plotone d'esecuzione composto da finanzieri si rifiutò in extremis di aprire il fuoco; poi lui riuscì a evadere. Mi mandò il suo libro che raccontava la sua storia, «Inseguendo un sogno». Era presidente onorario dei combattenti della X Mas. Lasciate stare che era un fascista e veniva dalla scuola di mistica fascista di Giani e Pallotta. Quel che colpisce è che nei nostri giorni, popolati da sciacalli, miserie e guerre civili evocate a sproposito, deserto dei valori e irrisione d'ogni santa cosa, un soldato che già due volte aveva dato la sua vita all'Italia, sia morto professando amore per una patria morta più di lui.

Lui era disposto a darle l'anima. L'ha riavuta integra e celeste, con onore

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