Politica

Napolitano gela ancora Bersani: Palazzo Chigi resta un miraggio

Il governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco potrebbe guidare un esecutivo di unità nazionale. Per il segretario democratico Palazzo Chigi resta un miraggio

Napolitano gela ancora Bersani: Palazzo Chigi resta un miraggio

Roma - Non dirà mai «ve l'avevo detto», non è nello stile del personaggio. Eppure Giorgio Napolitano, tornato dalla visita in Germania, «avendo preso meglio visione delle prese di posizione apparse sulla stampa italiana in ordine alle prospettive post elettorali», non potrà fare a meno di esercitare il suo ruolo durante le consultazioni riservandosi «ogni autonoma valutazione».

Autonomia: questa parolina, così scontata da apparire superflua nella nota diramata ieri dal Quirinale, assume un significato cruciale per intuire quale sia lo stato d'animo del presidente di fronte al labirinto prodotto dalle urne. Contiene tutto il rammarico per una situazione ampiamente prevista «che poteva essere evitata», se solo i partiti avessero messo mano alla legge elettorale. Invece «tutto quello che ho detto è stato disatteso...», ha lamentato Napolitano. Il Colle è così deciso a riprendersi il pallino, ad attenersi alla lettera della Costituzione, ad azzerare la situazione eliminando ogni orpello che possa rendere ancora più difficoltosa la ricerca di soluzioni. A cominciare dalle «ipotesi più disparate» avanzate da analisti, commentatori ed esponenti politici.
Il capo dello Stato raccomanda «a qualsiasi soggetto politico misura, realismo, senso di responsabilità anche in questi giorni dedicati a riflessioni preparatorie». Dunque, un auspicabile e rispettoso silenzio. «Abbiamo il dovere di salvaguardare l'interesse generale e l'immagine internazionale del Paese, evitando premature categoriche determinazioni di parte», spiega. La crisi lo impone, l'Italia è un'osservata speciale, guai a farsi prendere la mano scatenando gli speculatori della finanza. Ma «autonomia» vuol significare soprattutto che il risultato elettorale, pur difeso in Germania in nome della dignità nazionale, influirà fino a un certo punto nelle decisioni del presidente. Cui non sono certo sfuggite le acque agitate nel Pd, la perdita dei consensi interni da parte del suo segretario, pugnalato da D'Alema prima, da Veltroni poi, dai «giovani turchi» durante. Così come è apparsa avventata la mossa bersaniana di volersi proporre come «perdente di successo» e candidato «naturale» all'incarico.

Non è così, purtroppo per lui. Sia per il pugno di voti che gli ha consentito di ottenere il premio di maggioranza alla Camera, sia perché a Montecitorio il primo partito non è il Pd ma Cinque Stelle. Sia perché al momento è del tutto indecifrabile la situazione che si verrà a creare in Senato, dove la maggioranza non c'è e il Pd ha solo sei senatori più del Pdl. Quanto accadrà nelle prossime due-tre settimane, con l'insediamento dei gruppi e dei presidenti delle Camere, sarà decisivo.

Ma ciò che si dice abbia oltremodo infastidito Napolitano è stato anche il prosieguo delle mosse sbagliate di Bersani, quella prematura determinazione nella ricerca dei voti mancanti, rimbalzata sulla stampa - grazie a qualche scomposto fedelissimo - con il nome di «scoutismo» tra i parlamentari grillini. Tradotto poi in «mercato delle vacche», «volgare adescamento», «modo puttanesco di fare politica»: espressioni di Grillo che non possono certo piacere al presidente.

In particolar modo quando in esse è ravvisabile un fondo di ragione e verità.

Commenti