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Ncd sta col sottosegretario: il Pd pensi ai suoi indagati

Il partito di Alfano si schiera compatto in difesa del suo senatore accusato della censura di un quotidiano. Cicchitto minaccia: "Renzi ci pensi bene". Schifani attacca "il Giornale"

Ncd sta col sottosegretario: il Pd pensi ai suoi indagati

Roma - Il Partito democratico alza il pressing e spara contro la nomina del sottosegretario Antonio Gentile. Ma gli alfaniani scendono in trincea, fanno quadrato contro possibili interventi del premier e rimandano la palla nel campo avverso: «Non accettiamo patenti di indegnità. Gentile non è indagato, il Pd pensi ai suoi invece di autoassolversi». La bufera sul «caso Gentile», senatore di Cosenza e neo-sottosegretario alle Infrastrutture, accusato di aver fatto pressioni sul quotidiano L'Ora della Calabria per censurare la notizia del figlio indagato, continua ad agitare le acque del governo e a rendere tumultuoso il clima nell'anomala maggioranza Pd-Ncd. Gli alfaniani si impegnano in una strenua difesa del loro collega, mettendo in dubbio le ricostruzioni ed evocando la «macchina del fango». In alcuni casi arrivano addirittura a puntare il dito contro il Giornale nonostante del caso se ne stia occupando l'intera stampa italiana, senza eccezioni, e sia impossibile trovare un quotidiano che non dia risalto alla vicenda. La strategia di Ncd, comunque, è chiara. Alfano non chiederà a Gentile di fare un passo indietro, almeno per il momento. Il motivo? Sarebbe come ammettere una colpa che è tutta da verificare, anche perché il sottosegretario non è neppure indagato. Oltretutto al momento a metterci la faccia è stato il governatore calabrese Giuseppe Scopelliti in una intervista al Messaggero. Un modo per cercare di circoscrivere la vicenda a livello locale, impresa ormai impossibile visto lo stato della polemica. Lo scenario potrebbe cambiare solo se fosse Matteo Renzi a chiedere a Gentile di fare un passo indietro. In quel caso Alfano avrebbe buon gioco a sostenere che tra i sottosegretari Pd ci sono addirittura quattro indagati e nessuno dentro il Nazareno si sta indignando con la stessa intensità. Dentro il partito degli ex Pdl non si esclude che Renzi possa decidere di adottare una sorta di par condicio, rimuovendo Gentile e al contempo uno dei «suoi» indagati, motivando questa decisione come semplice questione di opportunità politica. Un'altra possibilità è che, una volta stemperate le scintille iniziali, possa essere Alfano a chiedere un sacrificio al «suo» sottosegretario. In definitiva, però, si confida sul fatto che Renzi eviterà di aprire un potenziale conflitto e di spingere sul tasto delle dimissioni forzate.

L'atmosfera dalle parti di Ncd è comunque carica di tensione e nervosismo. La giornata si sviluppa tutta nel segno della difesa pubblica del sottosegretario. Per Gaetano Quagliariello «a Gentile vengono imputate presunte pressioni sulla scorta di telefonate non riconducibili a lui e svoltesi tra terze persone». Per Renato Schifani «Ncd non accetta patenti di indegnità». Il caso «nasce da il Giornale, a dimostrazione che noi siamo considerati i veri nemici di Berlusconi e non paradossalmente il Pd, che su questa vicenda cerca di scaricare i suoi malesseri interni». Di «scatenamento immotivato del tutto pretestuoso» parla Fabrizio Cicchitto, che minaccia di far cadere il governo: «Renzi ci pensi bene». Giuseppe Scopelliti al Messaggero, spiega che la rotativa che si è fermata «si bloccava spesso, non era la prima volta che il giornale non usciva». Ma soprattutto c'è la rottura del silenzio da parte dello stesso Gentile che affida alle agenzie la sua autodifesa, trasformandola in una feroce accusa al quotidiano delle rotative bloccate, L'Ora di Calabria. «Mio figlio, brillante penalista, è stato messo alla gogna sulla base di un niente e io, addirittura, sono stato accusato di avere bloccato l'uscita di un quotidiano espressione della corruttela più truce. Non ho mai chiesto a nessuno di bloccare notizie su presunte indagini che riguarderebbero mio figlio e di cui neppure lui era a conoscenza», sostiene il sottosegretario. A dimostrazione di ciò «querelando, ho sottolineato la mia totale estraneità alla vicenda della mancata uscita della velina su mio figlio. Il quotidiano è fallito due volte. Il suo editore è condannato a 4 anni e 8 mesi di reclusione per usura, condanna che sta scontando ai domiciliari, è indagato per altri presunti gravissimi fatti di speculazione.

Con questi personaggi non ho rapporti, come testimoniano le pagine intrise di veleno delle testate che chiunque può consultare nelle biblioteche».

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