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Le notizie da leggere? Sono solo quelle buone la tendenzaLIETO FINE

Le notizie da leggere? Sono solo quelle buone la tendenzaLIETO FINE

Come nei film di Hollywood. Happy end, anzi: happy e basta. Notizie buone, non quelle cattive che sono il Dna di giornali e televisioni. Non morti ammazzati, sangue che fa vendere, rapimenti, calamità, guerre e dittatori da abbattere: il mondo dei social network preferisce il candore. Notizie «buone», da condividere nelle email, nei post su facebook, nei tweet.
Sono le ultime ricerche americane - di psicologi e neuroscienziati - a ribaltare il canone di stampa e tv: «no news is good news, and good news is no news», cioè nessuna notizia, buona notizia e buona notizia, nessuna notizia, insomma il mondo di Heidi è bello nei cartoni animati, ma non per i media. Invece ora si scopre che per gli utenti dei social network va benissimo. Uno studio degli psicologi dell'università della Pennsylvania ha osservato il destino di migliaia di articoli sul sito del New York Times e, in particolare, la classifica dei «most emailed» (quelli più spediti per posta elettronica ad amici, colleghi e contatti) per sei mesi di fila, scoprendo che i pezzi più letti e «rigirati» sono quelli scientifici. E dopo ci sono le notizie divertenti, seguite da quelle che creano ansia o fanno arrabbiare: tutto, insomma, tranne le informazioni tristi. Quelle non sono condivise volentieri, sono lette ma non diffuse: non si vuole fare sapere a un amico di un delitto o una catastrofe, si vuole però raccontargli che una donna è sopravvissuta per giorni sotto le macerie della sua casa distrutta, o che è nato un cucciolo di panda, o che Kate Middleton è incinta.
Il motivo di tanta affiliazione ai buoni sentimenti non è la bontà, ovviamente. Non è che sui social network diventiamo migliori: è che vogliamo apparire così. È che nel mondo virtuale tutti si occupano di mettere in mostra se stessi: anche quando rispediscono un articolo via mail o via post o lo «ritwittano» (un'altra ricerca ha calcolato che l'ottanta per cento usa twitter per parlare di sé, un'attività che il cervello dell'animale-uomo apprezza tanto quanto il cibo) stanno costruendo un'immagine di sé, e non vogliono passare per gente che ama il sangue, la truculenza, le malattie, i criminali. Poi, a furia di passare tutti per persone perfette, anziché alimentare i buoni sentimenti con cui ci si abbellisce, la conseguenza più comune è quella che gli studiosi chiamano «la spirale promozione di sé-invidia»: cioè tutti si sentono inadeguati, gelosi dei successi e della visibilità altrui, in una parola, peggio. E, per sentirsi meglio, sfogliano un giornale pieno di anime buie e dei loro disastri. Infatti questa notizia è stata data dal New York Times, non a caso.


di Eleonora Barbieri

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