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Ovadia, il radical chic ricattato per le foto hard con la moglie

Il tentativo di estorsione finisce in farsa grazie all'astuzia dell'attore candidato con Tsipras

Ovadia, il radical chic ricattato per le foto hard con la moglie

In tv è quasi ieratico. Parla dei precari e degli ultimi con un eloquio affilato e a tratti incendiario, intransigente di quell'intransigenza che non concede nulla al Palazzo e ai potenti che l'affollano. Moni Ovadia è un'icona della sinistra radicale, un intellettuale multiforme e colto, ora anche una bandiera per la lista Tsipras in vista delle Europee. Fa dunque un certo effetto scoprire che l'imponente tribuno dall'eloquio torrenziale abbia dovuto misurarsi con una vicenda a luci rosse: un tentato ricatto a sfondo sessuale. Una storia iniziata nel 2010 ma di cui non si sapeva nulla finché il Corriere della Sera non l'ha rivelata. Niente di cui lo scrittore e musicista debba vergognarsi, sia chiaro. Semmai una sgangherata estorsione condotta in modo dilettantesco e quasi farsesco da un pugno di collaboratori del drammaturgo. Ovadia si presta al gioco e mostra la sua abilità di uomo di teatro fino a smascherare con l'aiuto della Procura il terzetto inebriato dall'illusoria prospettiva di un incasso facile facile.
E invece il trio si è trovato impigliato nella trama hard che pensava di poter governare senza problemi. Errore che è costato ai tre una denuncia per l'odiosa macchinazione. Tutto comincia quando uno dei collaboratori infedeli del multiforme Ovadia lo chiama e gli chiede a bruciapelo diecimila euro per evitare la pubblicazione sui giornali di sei foto in bianco e nero: in quelle istantanee Moni Ovadia è ripreso in intimità con la moglie. Con la consorte legittima e non con qualche amante più o meno clandestina. E infatti lui replica che con la donna della vita in camera da letto fa quello che vuole. Poi però si accorge che dall'ufficio di Milano è scomparso l'hard disk dove sono archiviate le sue foto. Tutte, comprese quelle che non ci si aspetterebbe dall'infiammato cantore delle lotte proletarie.
Non che le immagini rappresentino una sfida all'arte del Kamasutra ma Moni Ovadia ha giocato d'audacia con l'obiettivo e si è dimostrato ancora più poliedrico di come appare. Così si ritrova nei guai.
Per fortuna il mestiere e l'abilità del guitto gli vengono in soccorso per uscire dall'angolo in cui è finito senza alcuna colpa. Altro che imbarazzo. Va all'attacco, sporge denuncia e si prepara a fronteggiare i malfattori, poi si accorge che lo spessore criminale del terzetto è nullo. Anzi i malviventi sembrano presi a prestito fra le comparse di un film comico: «Fin dal principio ho avuto l'impressione di essere al centro di una commedia con protagonisti Totò e Peppino». E qui il talento e l'astuzia del capocomico vengono fuori alla grande. Su suggerimento degli inquirenti che lo seguono passo passo, Moni Ovadia finge l'apertura di una trattativa e costringe gli sprovveduti ricattatori ad una serie estenuante di telefonate. Si va avanti per due mesi, le chiamate partono dalle cabine di mezza Italia: Sulmona, Varese, Perugia. I colloqui sfiorano il ridicolo e le gag involontarie dei fuorilegge non si contano. Si arriva al punto che nel corso dell'ennesima telefonata fatta per accelerare l'operazione, il maldestro malvivente si sente rispondere dal velocissimo Ovadia con una frase spiazzante: «Scusa, richiamami dopo perché adesso sto per cominciare una conferenza stampa». Altro che pugno di ferro, il bandito è costretto ad adeguarsi con una replica surreale: «Allora a dopo, grazie».
Certo, fa impressione il sangue freddo, specie nella fase iniziale, dell'impassibile Ovadia. Non è da tutti saper gestire e annacquare un ricatto fino a diluirlo nella farsa. E sfoggiando sapientemente più di un registro. Eppure Moni Ovadia regge la parte per due mesi. Due mesi in cui le chiamate si susseguono, le sei foto in bianco e nero vengono evocate chissà quante volte, lo sfondo di presunta perversione scolora nel grottesco. Forse Ovadia ha riconosciuto anche le voce di chi ha tradito la sua fiducia. Forse. Certo, quelle conversazioni vengono puntualmente registrate. E alla fine i tre sono identificati. Ora rischiano il processo. Il maestro invece è già tornato alle sue orazioni civili e alla campagna elettorale. Peccato che Tsipras si sia incartata a sua volta in un gorgo di esclusioni, espulsioni, defezioni.

Fin troppo facile prevedere il copione: Ovadia sarà costretto ancora una volta a scoprire il suo talento di menestrello per rimettere insieme i cocci del sogno rivoluzionario.

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