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Il Paese tira la cinghia ma non i magistrati Super bonus in busta

Natale d'oro per le toghe: supplementi di tredicesima fino a 15mila euro nonostante gli stipendi degli altri dipendenti pubblici siano fermi al 2009

Il Paese tira la cinghia ma non i magistrati Super bonus in busta

Roma - Un bel regalo di Natale, arrivato mentre il resto del Paese tirava la cinghia fino all'ultimo buco. Un supplemento di tredicesima, fino a 15mila euro, mentre la maggior parte degli altri lavoratori pubblici - che sono comunque privilegiati rispetto a quelli del privato, alle prese con licenziamenti e aziende che chiudono - facevano i conti con lo stipendio congelato dal 2009. Insomma, per i magistrati il 2012 non è stato quell'annus horribilis descritto dalle cronache mondiali. Non hanno subìto il quinto calo consecutivo del reddito a carico delle famiglie italiane registrato da Bankitalia. Niente erosione del potere d'acquisto. Nemmeno un venticello di crisi dentro i tribunali, se non a carico dei cittadini (vedi aumento del contributo unificato) e dei dipendenti senza toga.
Niente di nuovo. Gli stipendi dei giudici sono legati ad automatismi che hanno garantito una progressione senza soluzioni di continuità e di tutto rispetto. Gli esempi riportati nei grafici riportati sopra sono chiari. Se si prende come punto di partenza il 2001, alla vigilia dell'introduzione dell'euro, un magistrato di livello intermedio che guadagnava 72mila euro, oggi si ritrova con circa 135mila euro all'anno.
La norma per i magistrati è una busta paga che raddoppia in dieci anni, a differenza degli altri dipendenti pubblici, compresi quelli che guadagnano meglio, che possono contare su progressioni intorno ai due punti percentuali all'anno. Merito, appunto, di adeguamenti annuali intorno al 3% che sostituiscono quelli che per gli altri pubblici sono gli aumenti del contratto; di scatti di anzianità che per le toghe scattano regolarmente. Delle indennità, anche queste agganciate a meccanismi automatici. E di progressioni di carriera, quasi esclusivamente legate all'anzianità.
Gli unici tentativi di frenare il treno in corsa, sono state le manovre degli anni scorsi. Ad esempio quella del luglio 2010 (era Berlusconi) che introdusse il contributo di solidarietà del 5% o del 10% per i redditi rispettivamente sopra i 90 o 150mila euro. Era a carico di tutti i dipendenti pubblici con stipendi alti, colpiva principalmente dirigenti e magistrati. Con la crisi è arrivato anche il blocco degli stipendi pubblici, in vigore dal 2010 al 2012 e che il governo in carica si sta preparando a confermare fino al 2014. Colpisce chi nello Stato e nelle altre amministrazioni pubbliche guadagna poco, ma anche gli stipendi più alti. In cinque anni, ha recentemente calcolato il Sole24ore, farà perdere agli statali circa il 10% dello stipendio.
Il primo taglio è stato dichiarato incostituzionale dalla Consulta con la sentenza 223 del 2012. Con la stessa sentenza, i giudici costituzionali, hanno annullato anche il blocco degli stipendi. Ma, questo caso, solo per i dipendenti dello stato «non contrattualizzati». Macro categoria che comprende principalmente i giudici, ma anche diplomatici e prefetti. Illegittimo anche il blocco dell'indennità giudiziaria.
Risultato: con l'ultimo stipendio del 2012 le toghe si sono viste restituire il dovuto. La data del dicembre 2012 è stata fissata da una circolare del ministero dell'Economia. Per fare un esempio, chi percepisce uno stipendio lordo da 11mila euro mensili, sono arrivati circa 9.000 euro extra. Ma per i livelli più alti si è arrivati a rimborsi fino a 15mila euro. Oltre a ciò, la progressione dello stipendio e delle indennità, è ripresa, indisturbata. E difficilmente sarà intaccata.
Al prossimo Consiglio dei ministri il governo Monti dovrebbe confermare il blocco degli stipendi pubblici per un altro biennio. Ma è difficile che cerchi di allargarlo di nuovo ai giudici. La stessa sentenza della Corte Costituzionale aveva annullato un'altra misura presa con le manovre anti default, cioè la ritenuta del 2,5% per il trattamento di fine servizio. Il governo Monti aveva provato a evitare di restituire il prelievo, ma il sindacato Confsal-Unsa ha presentato un ricorso, sfociato in un'ordinanza che rimanda, di nuovo, la decisione alla Consulta. Possibile che lo Stato debba restituire i soldi, questa volta a tutti i pubblici dipendenti.
Il mancato blocco della rivalutazione e la restituzione delle cifre negate dal 2010 al 2012 nei mesi scorsi è passato in sordina. Se ne sono accorti solo i sindacati degli statali.

Massimo Battaglia, segretario generale della Confsal-Unsa, protestò perché «mentre il governo ha bloccato il rinnovo dei contratti, sostanzialmente fino al 2018, e cancellato finanche il pagamento dell'indennità di vacanza contrattuale per i dipendenti pubblici, ad alcune categorie di statali (i magistrati di ogni ordine e grado) vengono riconosciuti adeguamenti stipendiali con meccanismi automatici, in virtù della sentenza della Consulta».

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